29/01/1978 - Omelia IV Domenica Ord

Sant’Ilario d’Enza, 29/01/1978
Omelia, IV Domenica Tempo Ordinario - Anno A – Giornata dei lebbrosi

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Sof 2, 3; 3, 12-13; 1 Cor 1, 26, 31; Mt 5, 1-12

Il tema della nostra riflessione è proprio nelle parole dell’Apostolo: “Considerate la vostra chiamata, fratelli” (1 Cor 1, 26) la nostra chiamata, la nostra vocazione, il perché della nostra vita. Il perché sta esattamente nel vivere le beatitudini, nel testimoniare le beatitudini, per avere poi quello che il Signore dice: “La vostra ricompensa nei cieli” (Mt 5, 12). Un cristiano è senza senso, quando è fuori dalle beatitudini; dico senza senso, perché il cristianesimo non è una nuova forma di religione, che si risolve in determinati atti cultuali. Il cristianesimo è rivestirci di Cristo, è scegliere ciò che ha scelto lui, è respingere quello che lui non ha voluto. Se avessimo perduto questo testo delle beatitudini, noi, conoscendo la vita del Cristo, avremmo potuto ricomporlo, perché Gesù, proclamando le beatitudini, non ha fatto che indicare la sua vita, non ha fatto che mettere in evidenza le sue scelte. Ecco perché la nostra chiamata è la chiamata essenziale del Battesimo, è la chiamata che lo Spirito Santo urge in noi, la chiamata a vivere da figli di Dio, com’è vissuto il primogenito di molti fratelli, Gesù. E’ valutare sommamente ciò che il mondo disprezza e butta via, è buttar via e tenere in nessun conto ciò che il mondo sommamente glorifica. E qui è il confronto, e qui è il nostro severo esame di coscienza: il confronto tra la nostra vita e le beatitudini, tra i nostri desideri e le beatitudini, cioè in ciò che noi pensiamo e in ciò che noi speriamo. Molte volte noi ci lasciamo contagiare, viviamo in mezzo ad un terribile contagio e dappertutto, attraverso tutti i mezzi di comunicazione, attraverso un ambiente saturo, ci viene detto ciò che Cristo non ha voluto, ci viene suggerito ciò che Cristo ha condannato, ci viene beatificato ciò che Cristo ha severamente buttato via. Il confronto della nostra vita è tanto più urgente, quanto più sentiamo che il cristiano ha in questo mondo, che si dissolve, un compito primo ed essenziale, perchè le beatitudini non sono una lampada “da mettere sotto il moggio”, chiudendoci in noi stessi, le beatitudini sono la lampada che noi dobbiamo tenere alta, che noi dobbiamo tenere per tutti. Tenere alta la lampada. Quanta vergogna dobbiamo avere, se questa lampada per colpa nostra non può arrivare là, dove sono più fitte le tenebre e dove è più grave l’errore! E che dobbiamo fare allora se non entusiasmarci delle beatitudini, se non incarnarle nella nostra vita, se non meditarle con perseveranza, perché diventino veramente lo spirito che anima ogni nostra azione? Essere evangelici, essere a somiglianza di Gesù in ogni nostra decisione, essere sempre con lui. Ecco è qui: essere sempre con lui. Troppe volte non siamo con lui, perché il fascino del peccato e delle cose ci attrae, perchè il clamore del mondo ci stordisce, perché è evidente la nostra miseria che non combattiamo. “Voi”, continua nella seconda Lettura San Paolo, “voi siete in Cristo Gesù”. Sentite com'è bella l’espressione: “Voi siete in Cristo Gesù” (1 Cor 1, 30). Ci ricorda il Corpo Mistico, ci ricorda che non siamo soli, ci ricorda che abbiamo la gioia inesprimibile di essere uniti a Gesù e in lui, con tutti i santi, con tutti gli eroi del cristianesimo, con tutti i santi che sono sulla terra. “Voi siete in Cristo Gesù”. Oh sì! Allora capiamo che il nostro compito diventa molto più leggero: il cristiano deve diffondere la luce, ma non è solo; il cristiano deve portare la salvezza, ma è in Cristo Gesù. Il cristiano è sostenuto come una pietra di un edificio, che deve stare bene in alto. Cadrebbe in basso, ma resta in alto, perché è sostenuta da tutta la forza dell’edificio. “Voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio, è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (ib.). La ricchezza del Corpo Mistico, la forza del Corpo Mistico, la dinamicità, la vittoria: “Chi si vanta, si vanti nel Signore” (ib. 31). “Si vanti”, cioè la nostra gloria non è nelle nostre forze e nei nostri mezzi, ma in Cristo Gesù. Ecco perché, davanti al Signore, riaffermiamo di voler conquistare lo spirito delle beatitudini a tutti i costi, per essere veramente nella vera pace, per essere veramente in quello che il Signore ha detto: “Voi siete i miei continuatori, voi sarete i miei testimoni” (cfr. At 1, 8), per essere infine con lui nel distacco dalle cose della terra, nell’amore verso tutte le creature, per essere finalmente con lui nella gioia del suo regno. Chiamati figli di Dio non solo con un nome, ma nella realtà, perciò partecipi con Dio della gloria senza fine.

CODICE 78AUO01333N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 29/01/1978
OCCASIONE Omelia, IV Domenica Tempo Ordinario - Anno A – Giornata dei lebbrosi
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Vocazione, beatitudini
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
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