29/01/1989 - Omelia IV Domenica Ord

S. Ilario d’Enza, 29/01/1989
Omelia, IV Domenica Tempo Ordinario – Anno C

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Ger 1,4-5; 17-19; 1 Cor 12,31 – 13,13; Lc 4,21-30.

Il vangelo narra la contestazione a Gesù, la contestazione dei nazaretani: “È il figlio di Giuseppe”. Credevano di conoscerlo; c’erano gli anziani che lo avevano veduto crescere, c’erano i suoi amici d’infanzia, c’erano i clienti di lui artigiano.

Che cosa era avvenuto? Come mai? Sentivano che il passo era molto, molto grave: dovevano diventare dei discepoli; dovevano riconoscere in Lui il seme di Dio e non volevano. Non volevano convertirsi, e si indignavano perché, la strada per conoscere Gesù è proprio lì, sempre, è sempre quella: bisogna convertirsi, bisogna salire oltre, bisogna mettersi in una posizione di umiltà. E la storia continua: molti uomini non conoscono Gesù proprio perché non vogliono abbandonare le loro strade, non vogliono cambiarsi, trasformarsi, lasciare che lo Spirito di Dio bruci ciò che deve essere eliminato.

Anche la storia della nostra anima, se ci pensiamo bene, è la storia di tante resistenze, di tanti intervalli, di tanti logorii. La nostra storia, di noi che per non dire di sì cerchiamo di imbrogliare le cose, cerchiamo i pretesti, cerchiamo le giustificazioni. Ma è proprio lì dove dobbiamo porre tutta la nostra attenzione e invocare la forza di Dio.

Superare noi stessi, superare la nostra mentalità, certi duri angoli della nostra mentalità. Noi amiamo fare i nostri comodi, amiamo accontentare le nostre passioni, amiamo tergiversare per non darci al Signore. Bisogna che ci diamo totalmente, che ci leghiamo le mani e i piedi, che ci diamo con forza, con decisione, altrimenti la mediocrità resta il nostro campo: sempre, sempre, sempre mediocri! Sempre con una preghiera slavata e povera; sempre con una virtù che ha qualche sprazzo e poi è nel buio; sempre così, insistentemente così. Passano le confessioni, ci lasciano così. Passano le messe, ci lasciano così. Ci incontriamo con Gesù, ma non abbiamo la piena luce, non abbiamo la piena vittoria.

E così oggi, davanti al Signore, dobbiamo riconoscere negli abitanti di Nazareth anche noi, purtroppo anche noi. Anche noi non lo accogliamo con tutto l’entusiasmo, non lo accogliamo con tutta la disponibilità; tergiversiamo sempre, ci barcameniamo ogni giorno.

Così passa il tempo, e così succede che abusiamo della grazia. “Molti erano i lebbrosi al tempo di Eliseo profeta, ma nessuno di loro fu guarito se non uno straniero, un pagano”. Perché quel pagano era migliore? Cercava con umiltà la via del Signore.

Ecco, non vogliamo restare nel numero dei lebbrosi, vogliamo guarire, vogliamo darci al Signore. Quindi iniziamo proprio la nostra strada di vita cristiana piena, la nostra strada di fervore perché dalla preghiera, dalla partecipazione al sacrificio di Gesù nella messa possiamo prendere il vigore, possiamo prendere lo slancio, possiamo soprattutto prendere l’amore, perché l’amore a Dio è quello che ci deve guidare, l’amore a Dio – ricordate la seconda lettura – l’amore a Dio trasfigura, è quello che dà valore ad ogni cosa: alla nostra preghiera, all’amore del prossimo, alla nostra azione.

Chiediamo, chiediamo con insistenza l’amore.

CODICE 89ATO01333N
LUOGO E DATA S. Ilario d’Enza, 29/01/1989
OCCASIONE Omelia, IV Domenica Tempo Ordinario – Anno C
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Vincere la mediocrità
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