06/05/1979 - Omelia IV Domenica Pasqua

Sant'Ilario d'Enza, 06/05/1979
Omelia, IV Domenica di Pasqua - Anno B

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At 4, 8-12; 1 Gv 3, 1-2; Gv 10, 11-18

Sono parole che conosciamo e da tanti anni sono nel nostro patrimonio religioso, ma dobbiamo sempre meditarle con una rinnovata commozione, perché il Signore svela una realtà, non dice delle parole astratte. Egli dice: “Io sono il buon pastore. E il buon pastore offre la vita per le pecore” (Gv 10, 11). Il nostro battesimo ci ha messo in lui e lui ci fa partecipare a una vita ineffabile, meravigliosamente ricca di amore: la vita della Trinità. Ben a ragione si chiama così, perché ci ha condotti non a dei pascoli terreni, a delle mete umane, ma ci ha condotto fino alla Trinità, ci ha dato, a prezzo del suo sangue, la dignità e la gioia di essere figli di Dio. È in questa figliolanza che si realizza la nostra vera vita, il nostro vero possesso di cose eterne. Il tempo passa, le cose passano, tutto tramonta, ma la realtà di essere figli di Dio ingigantisce sempre di più, pur che lo vogliamo, pur che corrispondiamo. E dice il Signore che corrispondiamo in una mirabile relazione di amore con lui: “Io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me” (ib. 14). Quel verbo “conoscere” dice tutto, dice non solo una cognizione di tipo intellettuale, dice tutta una comunione di vita, una comunione di scelte e di amore. È a lui perciò che siamo invitati ancora perché, se non siamo nel suo cuore, la nostra vita subito s’inaridisce e muore. In lui, nel suo cuore, dove ascoltiamo quelle che sono le ragioni vere della nostra esistenza: che non siamo in questo mondo per cose da poco, siamo in questo mondo per raggiungere le più alte, le magnifiche cose, siamo in questo mondo per compiere con lui la vera salvezza.

Ed è qui che s'innesta il discorso della nostra vocazione. La vocazione del cristiano è una vocazione di salvezza. Siamo con Gesù non semplicemente per gioire con lui, ma per operare con lui, per salvare il mondo con lui, per condurre tutte le anime a quel gregge e a quel pastore, per condurre tutti, per essere nell’amore veicolo ai nostri fratelli, gli altri uomini, affinché conoscano quanto il Signore ci ha portato, quanto il Signore ci offre. È il discorso della vocazione cristiana, che è partecipazione. Ed è il discorso della vocazione speciale alla consacrazione totale a Dio.

Oggi preghiamo per le vocazioni sacerdotali e religiose. È proprio così, è nell’amore vero a Cristo, nell’amore vero ai fratelli che nasce la vocazione, nasce il desiderio di donarsi senza lasciare nulla, senza lasciare la propria vita, ma intensificandola. Quando si dice: vocazione sacerdotale, si pensa che l’uomo debba lasciare delle cose e debba chiudersi in una sofferenza o in una specie di martirio, ma la vita sacerdotale è meravigliosamente ricca e meravigliosamente bella, è meravigliosamente operante ed efficace. Beato quel ragazzo che sente la vocazione, la vocazione del sacerdote. Non può impiegare meglio la sua intelligenza, non può adoperare meglio il suo cuore, non può adoperare meglio il suo tempo. Beato lui! Quando un’anima sente la vocazione religiosa, entra in quell’anima la vocazione della gioia e la vocazione ad essere sempre con Gesù. La vocazione sacerdotale e religiosa è innestata, così, come vero gaudio, completamento e perfezione di ogni altro gaudio. San Paolo, parlando della vocazione, diceva: “Quelli che hanno la vocazione, superano le miserie di questa vita”, e ha ragione. E ha ragione, perché la vocazione è vera comunione con Gesù. Ecco perché dobbiamo pregare, ecco perché dobbiamo auspicare che vengano tante vocazioni per la gioia di quelli chiamati, per la gioia degli altri che riceveranno dal loro cuore e dalla loro vita. Moltiplicare le vocazioni è moltiplicare la gioia. Questo diciamo in verità: “Offro la vita per le mie pecore”. Sia dunque per tutti una vera corrispondenza all’amore del Cristo, perché offre sempre la sua vita: lo troviamo nella Messa, lo vediamo continuamente nel mistero dell’Eucaristia. Cristo Signore è colui che in mezzo alla Chiesa dona per il miracolo che avviene sull’altare, dona continuamente le ricchezze del suo cuore. Quanto dobbiamo essere eucaristici, nella nostra pietà! Quanto dobbiamo essere veri nella corrispondenza a questo amore! Dico veri, perché la nostra Eucaristia non si deve ridurre a una “devoziuncola” qualunque. La nostra devozione all’Eucaristia deve essere il senso profondo della nostra comprensione di Cristo, della nostra comprensione del piano di salvezza. Resti così la vera nostra meditazione, per essere le sue pecore, per ascoltare la sua voce, per entrare nella pienezza di questo suo amore.

CODICE 79E5O01363N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 06/05/1979
OCCASIONE Omelia, IV Domenica di Pasqua - Anno B
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Vocazione
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