Gs 5, 9. 10-12, 2 Cor 5, 17-21; Lc 15, 1-3. 11-32
“Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita” (*Lc 15, 32). Quanto sono vere queste parole e come in queste parole c’è la sintesi di tutto il discorso di oggi! Essere in peccato è rimanere nella morte, tornare a Dio è tornare alla vita. L’immobilità della morte, il dinamismo della vita. Il freddo della morte, il calore della vita. La dissoluzione della morte, il fremito e il frutto della vita.
Questa domenica di metà Quaresima è detta “domenica in laetare”, domenica della gioia, proprio perché celebra questo mistero della vita in Cristo, questo mistero del trionfo della vita. Dai pagani antichi e moderni il cristianesimo è sempre stato accusato di portar via la gioia al mondo e di incupire con delle meditazioni pesanti e gravi.
Eppure la Chiesa, portando Cristo, è l’unica nel mondo che porta la gioia. E dall’apparente paradosso della penitenza che è terreno di gioia, della penitenza che è l’unico mezzo della gioia, viene questa considerazione: noi troppo poco crediamo che convertirci a Dio è lasciarci occupare dalla gioia, da tutta la gioia possibile in questo mondo, da tutta la gioia possibile, che noi possiamo avere nei nostri pochi anni di vita.
Il credo della gioia è quindi il credo nel Cristo e il credo nella Chiesa, che porta Cristo.
Abbiamo sentito san Paolo: nella seconda Lettura enunciarci il principio base: “Se uno è in Cristo, è una creatura nuova” (*2 Cor 5, 17); se è in Cristo, se allora dà a Cristo la sua intelligenza, dà a Cristo la sua speranza, dà a Cristo il suo amore.
La meditazione diventa molto urgente: siamo a metà Quaresima, se non abbiamo fatto o se abbiamo fatto in tutto poco, ecco, questa seconda parte della Quaresima urge e dice: - Fa’ presto! Il Signore è vicino a chi lo cerca. Riempi la tua bocca della sua lode! Gloriati nel Signore! Sii umile e ascolta! E allora ti rallegrerai.
Noi dobbiamo perciò preoccuparci che i nostri propositi quaresimali siano ben tradotti, che i nostri propositi quaresimali siano veramente l’itinerario nostro a Cristo, l’itinerario del figliuol prodigo. Vedete: l’uomo della parabola fa una grande festa, la festa dell’amore, la festa di plauso per un ritorno. E’ l’immagine del Padre nostro: il Padre nostro che è nei cieli ordina la festa a tutto il paradiso. “Si fa più festa in paradiso per un peccatore che si converte, che per cento giusti che perseverano nel bene” (* Lc 15, 7). Ecco la festa. La chiamata per noi è la chiamata a una festa, se veramente torniamo, se veramente ci convertiamo, se veramente ci impegniamo a cambiare la vita nostra, a diventare più buoni, più generosi, più umili, se comprendiamo che la vita è una grande, unica occasione, per realizzare la nostra grandezza.
CODICE | 80CFQ01343N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 16/03/1980 |
OCCASIONE | Omelia, IV Domenica di Quaresima - Anno C - Domenica “in Laetare” |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Vincere il peccato |
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