Gs 5,9. 10-12; 2 Cor 5,17-21; Lc 15,1-3. 11-32.
Per avere la vera gioia bisogna fare la strada che ha fatto il figliol prodigo, una strada di umiltà, una strada in cui si accetta la confusione e la vergogna, in cui sboccia prepotente la volontà di cambiarsi.
La vera penitenza è proprio in questo cambiamento di mentalità per cui dobbiamo considerare perduto il tempo che è stato segnato dal peccato o dalla mediocrità. Tempo perduto, energie sciupate! Bisogna capire come Dio, che è sorgente di vita, è quindi sorgente di gioia, è forza, è amore, è dono continuo.
Il termine della vita cristiana non è nell’afflizione, è nella gioia; la gioia che questa domenica di metà Quaresima grida. La grida e ci dice: “Guarda, devi fare ancora della strada: falla! Devi fare delle cose che ti mortificano: realizzale con gioia, perché Dio ti è vicino, perché Dio ti aiuta, perché Dio ti conforta, perché Dio è un Padre che abbraccia e che bacia, perché il Signore non vuole delle cose impossibili! Lui vuole le cose che ti costruiscono, che costruiscono te, che costruiscono nella Chiesa mediante te. Ci sono dei passi da fare: non avere paura, falli!”.
Il fatto decisivo sta proprio qui: nel fare quei passi. È una meditazione ed è un esame di coscienza, perché troppe volte, quando andiamo verso il Signore, sembriamo anchilosati, bloccati e i nostri passi sono passi lenti e incerti.
Il figliol prodigo ha fatto tanta strada. Era un paese lontano, ha fatto tanta strada. Nella sua povertà, nella sua miseria, nella sua sconfitta, aveva un desiderio, aveva una speranza. E la speranza lo ha mosso.
Bisogna che anche noi facciamo tutta la strada che ci è necessaria; chi da più lontano, chi da più vicino. La strada bisogna farla tutta e bisogna farla con tanta fiducia, con tanto abbandono, vincendo le nostre difficoltà, superando i nostri peccati e i nostri difetti, compiendo tutte quelle opere buone che il Signore richiede da noi: opere di bene, opere di preghiera, opere in cui risplende veramente la nostra intenzione di piacere al Signore.
Queste opere, che dobbiamo fare, devono riempire il nostro tempo: opere di bene verso noi stessi, verso la nostra famiglia, verso gli altri, verso i lontani, col cuore stesso del Signore.
Non ci ha detto il Signore: “Andate”? Il messaggio è proprio fondamentale; ha detto: “Andate, predicate” (Mc 16,15). Dobbiamo camminare verso il Signore, dobbiamo camminare su ordine del Signore, dove Lui ci vuole, dove ci aspetta, dove possiamo operare nel suo nome.
Questa quarta domenica di Quaresima ci deve lasciare il cuore dilatato, il cuore pieno di speranza e di gioia, il cuore che si assomigli al cuore della Vergine Maria quando, nella Visitazione, è andata, è andata in fretta, è andata, e lo Spirito di Dio era con Lei, e lo Spirito di Dio ha invaso la casa di Elisabetta.
Andiamo con Maria per potere così compiere tutto il nostro dovere fino in fondo. Parlo del dovere della conversione, del cambiamento, della bontà che dobbiamo accrescere e che dobbiamo sviluppare.
CODICE | 89C4Q01343N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 5/03/1989 |
OCCASIONE | Omelia, IV domenica Tempo Quaresima, “in laetare” – Anno C |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Il dovere della conversione |
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