13/03/1983 - Omelia IV Domenica Quar

Sant’Ilario d’Enza, 13/03/1983
Omelia IV Domenica di Quaresima Anno C (in Laetare)

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Lc 15, 1-3. 11-32

È la parabola del cuore del Padre. Noi non riusciremo mai a capire fino in fondo com’è buono Dio, come ci accoglie con gioia, come ci perdona sempre, come, anche quando abbiamo sciupato tutto come il ragazzo della parabola, anche quando abbiamo cercato le cose più vergognose, Lui ci accoglie, Lui ci rifà nuovi, Lui ci dona tutto quello che ha, ancora meglio che se fossimo stati fedeli, perché il suo amore va ben oltre.

Dobbiamo allora pensare che Dio ci vuole, che Dio sollecita la nostra sete perché ci dobbiamo sentire tutti, ognuno per la sua parte, dei figlioli prodighi. Ci dobbiamo sentire prodighi, perché abbiamo cercato qualche cosa fuori di Lui e contro di Lui, perché ci siamo illusi di trovare la felicità calpestando i suoi inviti e i suoi Comandamenti. Ci dobbiamo sentire figlioli prodighi e perciò attuare la strada che va direttamente al Padre, al suo abbraccio, alla sua festa. E questo sentimento lo dobbiamo rendere profondo, comprendendo sempre di più che cosa vuol dire essere suoi, attuare un autentico cristianesimo che non è, e né si può ridurre a dei gesti, a dei gesti rituali, alla presenza a una cerimonia religiosa, a certe forme insomma. Ma essere suoi vuol dire sentire le cose come le sente Lui, vivere la vita come la vuole Lui, essere nel bene verso tutti, essere in quell’onestà forte e operante che le circostanze domandano.

Bisogna che la nostra conversione l’attuiamo sempre di più così, modellandoci su Gesù, perché un cristiano deve essere un prolungamento di Cristo e dobbiamo avere la sua preghiera, la sua bontà, il suo spirito di servizio di amore. Dobbiamo insomma attuare questo miracolo, un miracolo ben possibile, un miracolo che non solo è sollecitato, ma è comandato: il miracolo della nostra povera umanità trasformata ad immagine di Cristo Signore.

Un cristiano, nel suo piccolo, deve essere un altro Cristo. Un cristiano, pur così debole, pur così fragile, deve fare risplendere nella sua esistenza il mirabile volto di Cristo. Oh sì, ed è per questo che non possiamo rimanere in un proposito anonimo e vago! Il nostro ritorno è il ritorno di chi mediocre non lo vuole essere più; di chi ha poca fede e ne vuole avere molta; di chi si è lasciato andare agli egoismi di ogni giorno, alle cattiverie e alle impazienze di ogni giorno e ora non più; a chi si è lasciato dominare dai suoi istinti e ora vuole indirizzare tutte le sue energie al bene, tutto!

Questa domenica di metà Quaresima, questa domenica che si chiama “la domenica della gioia”, della gioia di Quaresima, della gioia che nasce dalla doverosa nostra penitenza, della gioia che nasce dall’attuare la nostra trasformazione, questa domenica ci deve lasciare un grande slancio, una grande novità di vita.

Dobbiamo affrettarci e guardare alla Pasqua. È possibile essere veramente nuovi, della novità di Cristo. E’ possibile essere così, suoi portatori. È possibile sì attuare, nonostante le nostre miserie, il Regno di Dio con quella forza e quella spinta che viene, non da noi, ma dallo Spirito Santo.

CODICE 83CCQ01343N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 13/03/1983
OCCASIONE Omelia IV Domenica di Quaresima Anno C (in Laetare)
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Gioia della conversione
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