28/03/1976 - Omelia IV Domenica Quar ore 6.30 e ore 8.15

Sant'Ilario d'Enza, 28/03/1976
Omelia, IV Domenica Tempo Quaresima - Anno B - Messa ore 6, 30 e 8, 30

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2 Cr 36, 14-16. 19-23; Ef 2, 4-10; Gv 3, 14-21

OMELIA ORE 6, 30

In questa quarta domenica di Quaresima viene sottolineata fortemente un’idea, è un’idea ben evidente, che fa parte di quella che è la centralità del messaggio cristiano: la croce è salvezza, la croce che sembra a volte mortificare è gioia, è gioia perché è liberazione, perché è redenzione, perché è forza(?)

Noi lo sappiamo, il tentativo di ridurre il cristianesimo a qualche cosa di facile, a qualche cosa di superficiale è un tentativo che vuol scardinare quanto il Signore ci ha rivelato, perché, quale è stata la sostanza del messaggio di Gesù? Che il peccato è il male più grande, che il male dell’individuo e dell’umanità sono dettati dal peccato, che il peccato si vince con la croce. Cristo era il Figlio prediletto del Padre, una sola sua preghiera aveva un valore infinito, con una sola sua preghiera poteva redimere non solo un mondo ma mille mondi. Eppure ha steso le braccia sulla croce, eppure ha voluto soffrire tutti i dolori, ha voluto passare per tutte le umiliazioni: tale era la volontà del Padre, tale era la logica che ogni uomo avrebbe (?). Non si è uomini senza il sacrificio, non si vince il peccato che con la penitenza. La gioia del cristiano non è una gioia istintiva, la gioia del cristiano è qualche cosa che nasce dalla croce, che nasce dall’accettazione della vittoria sulle proprie passioni, perché in ogni uomo c’è la tendenza al male e questa tendenza al male porta inevitabilmente a ricadere, se uno non accetta la legge che il Signore ha dato: la mortificazione, la vittoria su di noi stessi, un cristianesimo forte, esigente, sereno.

È in quest’ordine il messaggio di oggi. Su che cosa allora dobbiamo riflettere? Dobbiamo riflettere sulla nostra vera accettazione, cioè, se veramente noi ci impegniamo, per vincere le nostre forme, le nostre impostazioni, le solite(?). Perché? Proprio perché è comodo, è facile che adottiamo queste forme, proprio perché è comodo, è facile che prendiamo una linea accomodante, una linea che tenti di conciliare ciò che in sostanza non è conciliabile. Un cristianesimo di comodo è un cristianesimo sbagliato, un cristianesimo di comodo è un cristianesimo contraffatto, un cristianesimo di comodo non ricorda che nel Battesimo siamo stati segnati con la croce. E la nostra vocazione è essere con Gesù. “Per grazia, siete stati salvati” (Ef 2, 5), ci dice l’apostolo nella seconda Lettura; “per grazia, mediante la fede”. Questa fede non si realizza, se non (?), cioè per questo impegno dinamico e continuo.

Abbiamo bisogno allora di riflettere in questa Quaresima sulla lotta ai nostri peccati, sulla lotta alle nostre cattive tendenze, sull’impostazione forte e vigorosa.

L’amore di Dio che ha salvato il mondo è stato un amore forte; l’amore che vuole corrispondere a Dio deve essere un amore forte.

Guardiamo se lo abbiamo nella nostra vita.

OMELIA ORE 8, 30

È la domenica “in laetare”.

“Rallegrati, Gerusalemme, e riunitevi voi tutti che l’amate” (cfr. Sof 3, 14). La Gerusalemme è la Chiesa; ci riuniamo nella gioia, perché l’amiamo e sappiamo che alla Chiesa il Signore ha affidato il suo mistero di salvezza, la sua opera di salvezza.

Oggi vogliamo riflettere come alla Chiesa è stata data quest’opera di salvezza, di liberazione, quest’opera di amore. “Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio” (Gv 3, 16): questo dono è continuo, è Gesù che unisce a sé la Chiesa, è Gesù che nella Chiesa continua la sua mirabile opera.

Nella prima Lettura vi è la descrizione del castigo dato al popolo dell’Antico Testamento, perché è un popolo che aveva moltiplicato la sua infedeltà, aveva imitato in tutto gli abomini degli altri popoli, avevano contaminato il tempio. Dobbiamo vergognarci, ma anche noi stiamo scendendo paurosamente verso la strada che porta all’abisso, perché anche noi stiamo imitando in tutto gli abomini, le vergogne degli altri popoli. E purtroppo anche per noi c’è la beffa per i messaggeri di Dio, si disprezzano le sue parole, si scherniscono i suoi profeti. Tante volte la voce del Papa, il profeta di Dio, risuona invano, è una parola rifiutata ed è la parola che continua il messaggio della salvezza.

Nella seconda Lettura, san Paolo agli Efesini sottolinea come la nostra liberazione e la nostra salvezza ci vengono gratuitamente, “Per grazia infatti siete stati salvati” (Ef 2, 5).

Ed ecco che cos’è la Chiesa: “Con lui ci ha anche resuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli la straordinaria ricchezza della sua grazia” (cfr. Ef 2, 6). L’indicazione è ben forte: dobbiamo ricevere la salvezza che Dio ci offre, dobbiamo scoprire la ricchezza meravigliosa che il Signore ci ha consegnato, dobbiamo essere ben aperti a tutto l’influsso dello Spirito, perché lo Spirito Santo, anima della Chiesa, ci indirizza, ci guida, perché lo Spirito Santo preserva la sua Chiesa da ogni errore, la custodisce e dà alla Chiesa l’intuito per conoscere i segni dei tempi.

Ecco allora, come realizziamo la gioia? La realizziamo nel prendere fino in fondo il dono di Dio, nell’essere disponibili alle opere della grazia, nell’essere pronti a riconoscere in Gesù sempre la nostra salvezza. Gli Ebrei, avvelenati dai serpenti nel deserto, guardavano a quell’immagine che Mosè aveva collocato ben in alto. Gesù raccoglie questo fatto e lo ripresenta e dice: “Ecco la croce, ecco la salvezza. Quando io sarò innalzato sulla croce trarrò tutto a me” (Gv 12, 32). Ecco la croce: l’accettazione della sua linea; ecco la croce: la partecipazione alla sua sofferenza; ecco la croce: un cristianesimo vissuto così nella fortezza.

Dove sta la ragione ultima, la ragione vera di questa nostra decadenza? Sta che abbiamo immaginato di poter costruire un cristianesimo comodo, abbiamo tentato di cancellare la croce, abbiamo tentato di adattare la Parola del Signore alla parola del mondo, abbiamo cercato con tutte le acrobazie di essere cristiani e di non esserlo. Abbiamo detto: il cristianesimo nasce così in una pluralità di valori, ma abbiamo dimenticato di soggiungere e di sottolineare: ecco, Cristo si presenta sulla croce e, finché noi non accettiamo la croce, non accettiamo nemmeno lui. E la croce è lotta e la croce è superamento, la croce vuol dire che dobbiamo mortificare le nostre passioni, la croce vuol dire che noi dobbiamo purificarci dai nostri peccati, la croce dice che solo in Cristo dobbiamo porre il nostro modello, solo in lui!

Quanto dobbiamo temere di adattare la sua Parola, di renderla conforme ai nostri capricci! Come dobbiamo temere di farci un cristianesimo, così, in cui stiamo bene, perché accontentiamo il nostro egoismo! Quanto dobbiamo temere! La Liturgia di oggi ci dice con molta autorità e con molta forza: “Sii nella gioia! Ma la tua gioia te la devi scavare in profondità. Se tu scavi solo superficialmente, hai un’acqua inquinata. Scava in fondo! La gioia vera zampilla così dalla profondità, la gioia vera viene dal superamento di te stesso, del tuo orgoglio, della tua sensualità. La gioia vera nasce da una comunità, da una Chiesa che si realizza nell’amore, si realizza nel dono, si realizza nell’evangelizzazione, non in una comunità stanca, in una comunità contaminata da tante infiltrazioni, dove i microbi si moltiplicano, dove le infezioni prendono corpo.

Un cristianesimo forte, che viene dalla tua purificazione, che viene dall’accettazione dei tuoi limiti ma dalla volontà grande che tu aderisci a Cristo, perché in lui solo c’è la salvezza! Tu accetti i tuoi limiti, cioè non ti riconosci già santo, non ti riconosci già a posto, ti riconosci peccatore, ma sai che Cristo Signore è lui, è lui che ti dà la luce. “Chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3, 21). Ecco, fare le opere in Dio, amare la luce, amare la verità, servire la verità, porre le opere della verità nell’amore. E’ il messaggio che riceviamo in questa ultima parte della Quaresima, il messaggio di purificarsi nella gioia, perché solo così siamo degni della gioia vera. La purificazione non deve avvenire nella tristezza, deve avvenire così nella certezza che attraverso la nostra penitenza avviene l’incontro con Gesù, con Gesù vita, con Gesù amore.

CODICE 76CTO01343N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 28/03/1976
OCCASIONE Omelia, IV Domenica Tempo Quaresima - Anno B - Messa ore 6, 30 e 8, 30
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Croce: lotta, salvezza, gioia
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