At 2, 14. 22-32; Mt 28, 8-15
Nel grande quadro di luce della risurrezione la Liturgia oggi mette in risalto l’altro lato, l’ombra, come i nemici di Gesù cercarono i mezzi per liquidare il grandioso miracolo. I soliti mezzi: la bugia e l’elemento che spesso è unito alla bugia, il denaro; con la bugia e il denaro pensavano di eliminare il fatto più grande che sia mai successo, che un uomo è risorto per virtù propria, che un uomo ha dimostrato di essere il Figlio di Dio. Cercarono, e non c’è bugia che non faccia semente. Sottolinea l’evangelista Matteo, che scriveva trent’anni dopo questi fatti: “Questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino ad oggi” (cfr. Mt 28, 15). Era il modo di fuggire, era il modo di non prendere atto, era il modo di dire di no alla salvezza del Signore. Come allora anche oggi, come allora per gli individui e per quella società è così ancora adesso. Come spesso cerchiamo nella banalità delle cose, nei pretesti di fuggire ai nostri sacrosanti impegni, come cerchiamo di fuggire! E troppe volte è una fuga la nostra vita, è una fuga, cerchiamo qualche cosa che ci giustifichi per non dire di sì a Cristo, al suo mistero, per non dir di sì, per rifugiarci in qualche cosa che noi disgraziatamente amiamo. Forme del nostro egoismo, forme del nostro orgoglio, qualche cosa insomma. Noi cerchiamo di fuggire il Signore, quando la verità del Signore rimane, “È in eterno” (cfr. 2 Gv 1, 2), dice la Scrittura. Nel celebrare la nostra Pasqua, è ben necessario che noi ci poniamo con molta sincerità di fronte a Dio. È necessario, perché nella sincerità si dimostra la nostra onestà, si dimostra il nostro amore a ciò che è vero e a ciò che è buono. Ci dobbiamo interrogare, sì, dico, nella luce della risurrezione sulle nostre vere posizioni di fronte a Dio, di fronte agli altri uomini per vedere come praticamente, come ogni giorno, come nelle diverse circostanze noi sappiamo scegliere ciò che è giusto, indipendentemente dai nostri gusti, indipendentemente dai nostri interessi, indipendentemente dalle posizioni, che noi abbiamo cercato di prendere e nelle quali cerchiamo un alibi, un rifugio. Che ci poniamo con molta sincerità! Il Signore è apparso veramente, è risorto veramente. Ecco, confrontarci con questa parola vuol dire: io devo misurare le cose in questa luce di mistero pasquale, perché quel Signore che è apparso, il suo gesto è eterno, appare alla mia coscienza e mi apparirà veramente, quando comparirò davanti a lui e allora non potrò fuggire nessuna verità. Questa sincerità fondamentale noi la chiamiamo umiltà ed è proprio nell’umiltà che si riforma la nostra vita, questa umiltà di cui è sostanziato il discorso che nella prima Lettura abbiamo ascoltato dell’apostolo Pietro. Pietro parlava con estrema sincerità, Pietro agiva con estrema sincerità, aveva ricevuto la risurrezione di Cristo e questo annuncio lo trasmetteva. Sia così anche per noi in tutta la nostra vita.
CODICE | 73DOO01360N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 23/04/1973 |
OCCASIONE | Omelia, Lunedì dell’angelo Ottava di Pasqua |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | La bugia, la vita come fuga |
ARGOMENTI | La bugia, la vita come fuga |
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