At 2, 14. 22-32; Mt 28, 8-15
Incontrare il Signore risorto è una grande gioia, è un’esperienza che ogni cristiano può, deve fare. L’esperienza di Gesù risorto, di lui vivo, vivo in mezzo a noi nella sua Chiesa, è possibile mediante la fede. È la fede che trascende le cose umane e sensibili e realizza nella preghiera questo incontro e, attraverso la preghiera, lo realizza nella vita. L’incontro con Cristo risorto è il motivo della nostra grande gioia pasquale, siamo contenti perché il Signore è con noi e sta a noi vivere sempre di più in profondità questo grande fatto. La risurrezione è per noi. Cristo è risorto per dare a noi la sua presenza, la sua presenza vivificante, così come dice la Scrittura: “Egli con la risurrezione è diventato spirito vivificante” (cfr. 1 Cor 15, 45), cioè i frutti della redenzione vengono applicati nella risurrezione, i frutti che il Signore ci ha dato con la sua morte vengono comunicati nella risurrezione. Ma avete sentito il testo del Vangelo, Gesù dice: “Andate ad annunziare ai miei fratelli” (cfr. Mt 28, 10). Questa gioia, questa esperienza non è da tenersi in noi stessi, non è neanche da tenersi nella comunità di coloro che con Cristo sono risuscitati, è qualcosa da annunciare. Il cristiano, che ha ricevuto questo dono inestimabile della fede nella risurrezione del Signore, è impegnato a darlo agli altri; in fondo la nostra posizione è di testimoni della risurrezione. Gli apostoli erano per eccellenza i testimoni, lo hanno visto e lo hanno toccato, lo hanno visto nel cenacolo, lo hanno visto in Galilea, hanno trattato con lui,Gesù ha mangiato con loro e si presentavano così per il mondo: “Noi diamo testimonianza che lui è risorto” (cfr. At 2, 22-24 ; cfr. At 2, 32). Non avevano altro da dire, perché il discorso cominciava da qui; non avevano altro da dire se non una testimonianza. Se si accettava questa testimonianza allora il discorso continuava, se non la si accettava non si poteva proseguire oltre, ma la loro missione deve continuare attraverso di noi. Proprio perché abbiamo trovato Gesù, noi dobbiamo dirlo; proprio perché lo abbiamo trovato vivo, che comunica a noi i tesori, tutti i tesori della sapienza e della bontà di Dio, dobbiamo dirlo agli altri, portarlo agli altri. E si è testimoni della risurrezione, quando si è risorti con lui, quando la nostra vita è in questo ordine. Meditavamo il testo di san Paolo ieri: “Voi morti con Cristo ora avete un’altra vita, voi ora avete un’altra statura”, dice in fondo l’apostolo (cfr. Col 3, 1-4) ed è vero. Come diamo testimonianza della resurrezione? Essendo morti al peccato, alle opere cattive, superando così i termini di una onestà umana, per presentarci a tutti in una dignità, in una santità di vita per cui Cristo sia evidente in noi. Bisogna che rendiamo evidente Cristo con la nostra umiltà, con la nostra generosità, col nostro perdono, con la nostra bontà, col nostro aiuto, con la nostra disponibilità. Noi dobbiamo rendere evidente, in noi, l’immagine di Cristo risorto. Ecco allora come dobbiamo trasmettere il messaggio pasquale, in maniera che le nostre parole non vengano smentite dalle nostre opere. Allora la vita del cristiano diventa proiezione della gioia pasquale, allora la vita del cristiano diventa argomento per arrivare alla comprensione dei misteri della fede.
Sia dunque per ognuno di noi motivo di riflessione oggi: io devo tradurre la Pasqua, io devo manifestare la Pasqua non nella ostentazione, ma nella edificazione delle opere di vita e grazia e perciò ognuno di noi deve essere veramente quel lievito nuovo, di cui parla l’apostolo, e il lievito è per la massa e il lievito è perché la massa possa diventare il buon pane di Cristo.
CODICE | 76DIO01360N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 19//04/1976 |
OCCASIONE | Omelia, Lunedì fra l’Ottava di Pasqua (dell’Angelo) |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Testimoni della resurrezione |
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