03/02/1986 - Omelia Lunedi IV Ord Funerale

Sant’Ilario d’Enza, 03/02/1986
Omelia, lunedì IV settimana Tempo Ordinario, Funerale

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Gv 11,17-27.

Il Figlio di Dio. Credere in Cristo è credere nella vita, è credere nell’amore perché Gesù ha sofferto molto per dare valore al nostro dolore. Gesù ha accettato una morte infame sulla croce perché la nostra morte aprisse l’epoca della vita, della vita vera, della vita eterna, della vita che non tramonta.

Ecco perché nel dolore noi dobbiamo pregare. Davanti a Gesù crocifisso sentire il conforto che ci dona la fede, che ci dona il nostro vero essere di figli di Dio, di eredi del Paradiso.

È questo che dobbiamo ripetere perché per un pagano è finito tutto: la vita è troncata assurdamente dopo tanto penare, è lo smarrimento, è l’angoscia. Ma non è così perché Dio, infinitamente potente e infinitamente ricco di amore, è a noi, è per noi, ci vuole suoi, ci vuole nella sua gloria, ci vuole nell’esultanza piena della sua vita.

E il nostro defunto ha creduto, il nostro defunto ha accettato la sofferenza, il nostro defunto ha saputo offrirsi così a nostro Signore e credere nella sua misericordia. Quello che è l’elogio più grande che si può fare di uno, quando si dice: “Ha saputo soffrire!”. Quali sofferenze! Quale tormento di quelle giornate così lunghe ed interminabili, di quelle notti angosciose, di quel venire meno della speranza della vita terrena. Ha saputo soffrire. Ecco, attraverso la sua sofferenza Dio lo ha reso degno di un premio che non tramonta.

E vogliamo anche noi unirci a lui nel dire il nostro sì a Dio , nel dire il nostro vero consenso di fede, nel dire che sì, vogliamo saper pregare. Il saper pregare è proprio quello che alimenta la nostra fede. Saper pregare e davanti a Gesù crocifisso promettere una vita autentica, una vita generosa conforme alla fede. Fare di più, fare di meglio guardando avanti. Guardiamo avanti, guardiamo che Cristo ci aspetta, che i nostri cari ci aspettano e non sciupiamo il nostro tempo che è così prezioso. Non sciupiamo il tempo ma impegniamoci con generosità, con umiltà, con distacco dalle cose di questa terra. Impegniamoci, perché le nostre opere buone ci seguono, le nostre opere non vengano meno.

L’evangelista dice che quando venne l’ora della passione era venuta l’ora del passaggio. “Gesù sapendo che era venuta la sua ora” (Gv 13,1), l’ora del suo passaggio, ecco, è proprio la parola che prendiamo anche noi: nel nostro passaggio, impegniamoci a fare tanto e a fare bene perché dopo c’è l’eterno riposo, l’eterna pace, l’eterno gaudio.

Prepariamoci, siamo vigilanti e non perdiamoci nelle cose che possono affascinarci. Non perdiamoci. Camminiamo a fare tanto e a fare nel nome di Dio, nel nome della sua grazia, del suo amore.

CODICE 86B2O01332F
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 03/02/1986
OCCASIONE Omelia, lunedì IV settimana Tempo Ordinario, Funerale
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Credere nella vita, saper soffrire, uso del tempo
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
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