Is 42,1-7; Gv 12,1-11
È una pagina di profondo contrasto: da una parte c’è Gesù, tutto teso al dono, ogni momento lo avvicina al dono supremo, egli ha dato tutto il suo cuore, ha dato tutta la sua parola, darà tutto il suo sangue, la vita. Dall’altra parte c’è Giuda, tutto teso ad avere, vuole avere, vuole sempre più avere; soggiunge l’evangelista: era anche falso, perché non gli importava dei poveri, era solo un ladro. Teso ad avere e per avere tradirà. Il demone del denaro lo prendeva fino al sommo, lo porterà alla catastrofe e alla morte.
In fondo è segnata nel comportamento di Gesù, la nostra vera strada. Il Signore ci insegna che la vita vale in quanto è dono.
“Salve, nostro Re: tu solo hai compassione di noi peccatori”. Peccatori, ma Lui ci ha dato tutto, non ha guardato ai nostri meriti, non ha guardato ai nostri titoli, non ha guardato se eravamo simpatici. Solo Lui ha avuto compassione. Ecco il suo dono.
È proprio così: noi dobbiamo imparare che la vita vale in quanto proprio è un dono, un dono fatto nella volontà del Padre, un dono fatto nella chiamata del Padre. Ognuno di noi ha i suoi campi in cui donare. È così che Dio ci ha messo nella chiesa e Dio ci ha messo nella società. Ognuno di noi ha le proprie responsabilità. Ognuno di noi nasce in una famiglia, ha i doveri perciò primi verso la famiglia; uno rinasce con il battesimo alla chiesa e ha i doveri verso la chiesa; uno si immette in un particolare tessuto della società, ha i suoi doveri.
Il dovere inteso così in una forma astratta, sembra qualcosa di pesante e di gelido, ma il Signore ci insegna, Lui che ha compassione, come in realtà il dovere diventa amore. Il dovere diventa amore, espressione di amore, arricchimento veramente grande, perché entra nell’esecuzione del piano di Dio. Il dovere-amore dobbiamo sempre più capirlo, sempre più apprezzarlo, sempre meglio eseguirlo.
Il Signore non ci vuole astratti e chiusi in un sentimento pietistico, in una devozione intimistica non aperta ai problemi. Ci vuole aperti. Aperti ai nostri doveri, alle nostre responsabilità. Ci vuole ricchi del suo stesso amore. Il Signore non pensava a sé, pensava agli altri. Il Signore ha preso la difesa della sua ospite e ha detto: “Lasciala fare. Lasciala!”. Il Signore l’ha lodata e il gesto suo è restato emblematico nei secoli.
Impariamo anche noi questo dono che non calcola, questo dono che supera le circostanze, questo dono fatto per Lui e in suo nome.
CODICE | 82D4Q0134XN |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 05/04/1982 |
OCCASIONE | Omelia, Settimana Santa - Lunedì |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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