Is 42,1-7; Gv 12,1-11
“E tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento”. Siamo nella Settimana Santa. La nostra conversione è giunta al momento di attuarsi. Una vera conversione. E perché sia vera deve essere concreta, di una concretezza ultima. Tutti sono buoni a dire parole. Tutti sono buoni a costruire dei sentimenti. Ma la prova vera dell’amore di Dio sono i fatti. E i fatti noi li chiamiamo bontà, carità. Vorrei che stasera ci interrogassimo sulla Parola di Dio che ci chiama alla carità, alla bontà. A quella bontà che dobbiamo particolarmente esercitare nell’ambito di casa nostra, perché è quel profumo che deve riempire tutta la casa. La vita di famiglia è una vita che comporta dominio di se stessi, comporta generosità continua, comporta dimenticanza delle proprie esigenze. Per essere buoni in casa dobbiamo essere molto uniti a Gesù, perché solo uniti a Lui riusciamo a vincere tutta quella serie di piccoli egoismi che rendono alle volte faticosa la giornata e problematica la pazienza. Dobbiamo applicare questa carità ai vicinissimi per essere poi capaci di esercitarla verso quelli meno vicini e anche verso i lontani. Direi che devono essere tre le qualità della nostra carità in casa. Deve essere una carità umile. L’umiltà comporta pazienza, comporta lo stare al proprio posto, il saper perdonare, il saper passar sopra. Certo, se uno non è umile, ha tante pretese, ha tanta voglia di essere servito e di non servire. Certo, se uno è orgoglioso, vuol sempre aver ragione, vuole le cose secondo quanto gli pare in quel giorno. Niente, particolarmente in certi momenti, gli va bene, perché l’orgoglioso si mette più in alto degli altri e, mettendosi più in alto, giudica e non vuol essere giudicato, manca di riguardo e non vuole che gli si manchi a lui. Quindi bisogna essere umili. La seconda qualità deve essere la dolcezza. La dolcezza dice comprensione, dice amabilità, dice spirito di adattamento, dice che, anche quando si ha ragione, bisogna usare i modi dovuti, anche quando si ha sicuramente ragione, bisogna imparare che il silenzio, il saper aspettare, il saper comprendere, sono cose che nascono da una verace carità. Dolcezza. La terza qualità deve essere una carità di servizio, perché, a somiglianza di Gesù, noi dobbiamo cercare questo posto di servizio. Servizio concreto. Darsi attorno per essere utili. I figli devono capire che non basta frequentare la chiesa, se sono disobbedienti, se sono pieni di pretese, se non si rendono utili come è richiesto da loro. Devono capire che la loro posizione è una posizione di vero, completo senso di riconoscenza. Devono essere molto riconoscenti ai loro genitori e dimostrare il loro affetto in mille modi e tutti i giorni vengono tanti modi. Devono rendersi servizievoli, devono poter essere la gioia dei loro cari, da evitare tutto quello che rende penoso ai genitori il comandare, rende penoso ai genitori il dover intervenire severamente. Un genitore non castiga mai volentieri i suoi figli, non li sgrida mai volentieri. Volentieri li loderebbe. Ecco. La carità dei figli, il servizio dei figli. I genitori l’un l’altro si scambieranno il loro aiuto e vivranno con la gioia di darsi sempre più aiuto. Per ognuno allora la Settimana Santa ci chiama alla bontà, ci chiama a una grande bontà. Non sciupiamo neanche in parte questa settimana con le impazienze, le cattiverie, i nervosi, le intemperanze. Facciamo di questa settimana una squisita settimana di bontà, perché tutta la casa sia riempita dal profumo dell’unguento.
CODICE | 77D3Q013 |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 04/04/1977 |
OCCASIONE | Omelia, Lunedì Santo |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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