01/04/1974 - Omelia Lunedi V Quar

Sant’Ilario d’Enza, 01/04/1974
Omelia, Lunedì V Settimana Tempo Quaresima

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Dn 13,1-9. 15-17. 19-30. 33-62; Gv 8,1-11

Cerchiamo stasera di capire bene queste parole di Gesù: “Io sono la luce del mondo”. Cerchiamo di approfondire il concetto con un contrasto. Chi ha la luce, cammina, sa dove va. Chi è al buio non sa dove andare. E se va, facilmente inciampa. Va incontro a una serie di disavventure. Essere ciechi è non avere una direzione, non avere la gioia, la gioia dei colori, la gioia degli incontri, la gioia del volto degli altri, la gioia della comunicazione con lo sguardo negli altri. Chi è cieco, non sa bene dove sia; chi è cieco, non può perciò realizzarsi. Così è della cecità spirituale. Se non abbiamo Gesù, non abbiamo nulla. Non abbiamo da dare un senso alla vita, non abbiamo da gioire veramente nella vita. Non sappiamo né dove siamo, né tanto meno dove noi possiamo andare. Non sappiamo dove siamo, perché questo mondo diventa un caos, un inferno, un non senso. Non sappiamo dove andare, perché non sappiamo che valore possa avere il dolore, che valore possa avere la vita, che valore possa avere la morte. Senza Gesù è il buio totale. Ecco perché diciamo: “Beato chi ha la fede”. Ecco perché diciamo: “Triste, profondamente triste, ed è angoscia, il non possedere la fede”. Allora chi non possiede la fede deve dimenticare, deve esulare, deve cercare di stordirsi, deve cercare di non pensare. Quante volte cogliamo sulla bocca di coloro che non credono: “La morte? Oh, la morte! Meglio non pensarci! Non ci penso mai!” Ma il fatto di non pensarci non risolve un problema. La morte resta. La vita resta. Il problema della vita per la morte, il problema del tempo e dell’eternità è problema profondo, grande, terribile. Ecco perché noi dobbiamo sempre di più ringraziare il Signore Gesù, che è venuto perché non camminiamo nelle tenebre, ma abbiamo la luce della vita. E in pratica, oh in pratica! ed è l’aspetto della nostra conversione, dobbiamo sempre di più possedere la fede, vivere la fede. In pratica dobbiamo valorizzare tutte quelle cose che ci conducono ad un aumento di fede. Guardiamo per esempio la nostra riflessione, la nostra sistematica riflessione, la nostra meditazione sulla Parola di Dio, sull’insegnamento di Gesù. Guardiamo la nostra preghiera. Quanto spazio dà di apertura? La preghiera non consiste nel parlare a noi stessi, nel riempirci delle nostre parole, nell’essere preoccupati delle cose da dire. La preghiera sta nell’aprirci alla luce di Dio, nell’aprirci e nel lasciarci guidare dallo Spirito Santo. La nostra preghiera deve essere tanto sostanziata di ascolto, cioè di riflessione, cioè di viva apprensione. Dobbiamo lasciare scendere fino in fondo al nostro cuore questa parola di luce e di vita che viene dal Signore. E poi dalla fede prendere, sempre non qualche volta, prendere l’inizio. È dalla fede che devono partire i nostri pensieri, è dalla fede che devono venire i nostri giudizi, è dalla fede che devono venire le nostre scelte, è dalla fede che deve venire la nostra affettività, è dalla fede che deve venire la nostra opera. Tutto dalla fede. Con Gesù e per Gesù.

CODICE 74D0Q01344N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 01/04/1974
OCCASIONE Omelia, Lunedì V Settimana Tempo Quaresima
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
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