26/02/1980 - Omelia Martedi I Quar

Sant’Ilario d’Enza, 26/02/1980
Omelia, Martedì̀ I settimana Tempo di Quaresima

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Is 55,10-11; Mt 6,7-15

Il cristiano ha una sua preghiera, perché ha una sua valutazione: “Non di solo pane vive l’uomo”. Il cristiano ha la sua valutazione, sa misurare, sa riflettere, sa soprattutto prendere dalla parola di Dio quella luce e quella forza che gli sono vitali. La preghiera del cristiano è allora una preghiera illuminata: “Vieni, Santo Spirito”. È lo Spirito Santo che risiede nei nostri cuori e detta. La preghiera deve essere nella verità, in una ricchezza di verità, perché deve essere in una ricchezza e verità di incontro. Pregare, infatti, non è un grido che lanciamo nelle nostre necessità verso l’Infinito, pregare è entrare in comunione, pregare è partecipare di Dio, è partecipare della sua verità e del suo amore. Ecco perché il cristiano non disprezza i beni terreni, ma non li mette al centro. Mettere al centro vuol dire sbagliare l’impostazione dell’esistenza. I beni presenti fuggono, la vita presente è un momento; sono i beni eterni che bisogna apprezzare e mettere in primo piano, in un piano di umiltà e di confidenza ma, proprio per questo, ancora in un piano di sicurezza e di fiducia. Noi siamo di Dio e Dio ci custodisce come la pupilla dell’occhio ma custodisce in una sua visione che deve diventare nostra: la visione della fede, la visione dell’amore vero, della preghiera che sempre di più diventa comunione di amore, diventa dialogo profondo, diventa sviluppo di una spiritualità che si accresce man mano che si incontra e si nutre. Ecco, per questo dicevamo nel salmo responsoriale “Guardate a Lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti”. Un senso di Dio, un senso delle cose di Dio, una gioia nella sicurezza della sua protezione. Ecco perché, allora, osiamo dire: “Padre nostro”. L’Infinito diventa nostro padre, forma con noi una unità, ci dà il suo potere, ci dà la sua vita, ci dà la soavità della sua consolazione. Impariamo a pregare! Noi sappiamo pregare poco, sappiamo pregare male. Noi stimiamo il tempo della preghiera sempre troppo, mentre è sempre troppo poco e le cose materiali ci prendono e sprechiamo tante cose nel cercare una stilla di distrazione, di consolazione e dimentichiamo di essere sulla riva dell’oceano, dove c’è la pienezza di Dio, la pienezza della sua consolazione. Animiamoci dunque, e non facciamo come i pagani, dice Gesù, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non a forza di parole: a forza di amore. Non a forza di parole: nella pienezza della consolazione, in Dio, nel suo amore, nella sua volontà, nella sicurezza delle sue promesse. La vita ha un senso se è posta così, in pienezza così.

CODICE 80BRQ01340N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 26/02/1980
OCCASIONE Omelia, Martedì̀ I settimana Tempo di Quaresima
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
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