08/03/1977 - Omelia Martedi II Quar

Sant’Ilario d’Enza, 08/03/1977
Omelia, Martedì II Settimana Tempo Quaresima

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Is 1,10. 16-20; Mt 23,1-12

Non essere come i Farisei, perché il Signore ha detto che, se la nostra giustizia non sarà superiore a quella dei Farisei, non entreremo nel Regno dei cieli. Non essere come i Farisei vuol dire essere sinceri, vuol dire onorare il Signore come deve essere onorato, vuol dire non badare all’apparenza e non servire le apparenze. I Farisei non vivevano per Iddio e sembravano molto religiosi. Osservavano tutte le prescrizioni, tutti i precetti, ma non erano religiosi, perché non tendevano a fare la volontà di Dio, non tendevano a dar gloria a Dio, ma la cercavano per se stessi. Un’unica cosa si proponevano: di far bella figura e di essere lodati dagli altri, di avere tutti i comodi, di avere tutte le forme di onore, insomma, erano tesi a se stessi. Ecco perché la loro religiosità è decisamente scartata dal Signore. Non basta allora essere religiosi, per piacere a Dio, se per religione si intende un’esteriorità. Per religione si intende un profondo spirito di adorazione e di amore che ci porta a dar lode al Signore e in tutto cercare quello che piace a Lui. Se non vogliamo essere come i Farisei si impone allora una via molto precisa, la via che ci ha insegnato Gesù quando ci ha detto: “Quando pregate dite così: Sia fatta la tua volontà, venga il tuo Regno”. Ecco, noi dobbiamo cercare quello che piace a Dio, tutto quello che piace a Dio. E nello scegliere una cosa, dobbiamo scegliere quella che sentiamo e capiamo che piace di più a Dio. Non solo non dirgli mai di no, ma avere un profondo spirito di fede da cercare in tutto quello che desidera, quello che piace a Lui. Contemplavamo Gesù nell’orto degli ulivi e abbiamo sentito la sua parola: “Non la mia, ma la tua volontà”. Era l’espressione di una preghiera che condensava tutta la sua vita. Lo aveva detto fin d’in principio della sua vita pubblica: “Io ho un cibo che voi non sapete”. E dicevano i discepoli: “Che qualcuno gli abbia portato da mangiare?”. Ma Gesù spiega: “Il mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato”. Ecco l’esempio luminoso di Gesù. Il suo cibo, il suo nutrimento, tutto il suo essere era teso a fare la volontà del Padre. Sul suo esempio dobbiamo continuare così. Non fare quello che piace a noi, non fare quello che in qualche maniera ci solletica, non fare quello che in qualche maniera può dare a noi lode davanti agli altri. Fare solo e unicamente per Dio tutte le cose. E cominciando dal mattino nelle preghiere dobbiamo indirizzare tutta la nostra giornata a Dio, proponendoci di non fare le cose che per renderlo contento, di fare le cose che gli sono gradite. E così di fronte a tutte le tentazioni dobbiamo rispondere: “Non devo fare quello che piace a me, ma quello che piace a Dio. Questo Dio me lo ha proibito; e chi sono io da andare contro alla volontà di Dio?”. Restiamo in adorazione sempre della volontà di Dio. La volontà di Dio creatore nostro, la volontà di Dio nostro Signore. È una stoltezza infatti andare contro la volontà dell’Infinito. Anche se una cosa ci attrae, dobbiamo superare questo piacere perché farebbe dispiacere a Dio. Ecco allora, richiamandoci a Gesù che accetta così la volontà del Padre che per Lui, in quel momento, rappresentava la Passione, la Morte, la Passione ignominiosa, la morte terribile, sull’esempio di Gesù cerchiamo di capire dove è la vera religione. La vera religione è questa: cercare unicamente quello che piace a Dio e provare un unico piacere, quello di rendere contento il Signore e così saremo sempre sicuri di vincere tutte le tentazioni.

CODICE 77C7Q013
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 08/03/1977
OCCASIONE Omelia, Martedì II Settimana Tempo Quaresima
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
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