16/12/1975 - Omelia Martedi III Avv Novena Natale 2

Sant'Ilario d'Enza, 16/12/1975
Omelia, Martedì III settimana Tempo Avvento, Novena Natale - II giorno

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Sof 3, 1-2. 9-13; Mt 21, 28-32

“Il Signore è vicino a chi lo cerca” (cfr. Sal 145, 18). È ateo chi non lo cerca. L’ateismo è la più grande delle disgrazie che può arrivare in un uomo. Un uomo che è ateo, quando ha una sofferenza, non sa a chi rivolgersi, quando ha una gioia non sa chi ringraziare, se alza gli occhi, c’è il vuoto. L’ateismo è perciò una terribile permissione del Signore. Tornano le parole che spesso leggiamo nella Scrittura: “Il Signore indurì il loro cuore” (cfr. Gv 12, 40), oppure: “Il Signore tolse loro lo sguardo”, non vedevano più. Gesù stesso ha detto una parola ben chiara sul suo insegnamento: “Perché udendo non odano e vedendo non vedano” (cfr. Lc 8, 10). È l’abbandono di Dio.

Ecco perché noi dobbiamo pregare, perché nel nostro popolo venga allontanato questo castigo, perché la luce è forte, basta aprire gli occhi. Cioè lo sguardo nostro si incontra con Dio, perché si incontra nella meraviglia delle sue opere, si incontra nella legge morale, che è nel nostro cuore e che testimonia un legislatore, s’incontra negli altri uomini, nei quali vede disegnato un disegno ben evidente della somiglianza con Dio. Noi dobbiamo pregare e soprattutto dobbiamo fare.

E cos’è l’opera che dobbiamo fare? È la nostra vita, non sono le nostre parole. Nessuno si arrende di fronte ad una discussione, che minaccia di coinvolgerlo in una cosa che appare scomoda. È necessario che la nostra vita sia una vita veramente lineare e santa. Ecco perché dobbiamo ascoltare con particolare attenzione il brano del Vangelo: “È obbediente colui che fa, non colui che dice” (cfr. Mt 21, 28-32). La nostra vita deve essere la parola più eloquente, la nostra vita deve essere così chiara e così forte da potere a tutti dire: “Ecco, leggete qui: voi leggete Dio”, perché solo Dio può fare di noi, di noi che siamo peccatori, delle opere in cui si legge la sua giustizia. Altrimenti, ecco, la nostra mediocrità diventa la nostra condanna.

Ieri sera meditavamo sulla liberazione dal peccato, questa sera meditiamo particolarmente sulla liberazione dalla mediocrità, dalla tiepidezza nostra spirituale. Sta scritto nel Salmo: “La tua parola, o Signore, è estremamente ricca di fuoco, di fiamma” (cfr. Sal 17, 9). È ricorrendo alla Parola di Dio, cioè alla meditazione, è ricorrendo a quella Parola per cui Gesù ha detto: “Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (cfr. Lc 11, 28), che noi possiamo trasformarci, che noi possiamo arricchirci. Altrimenti sono quelli che appaiono i più grandi peccatori che ci passano davanti, come succedeva al tempo di Gesù, quando coloro che erano definiti saggi erano sorpassati dai ladri e dalle persone immorali.

È necessario che noi domandiamo la liberazione del Signore da tutte le nostre scuse, quelle scuse che ci fanno essere non generosi, impacciati nella via del bene, fiacchi, quelle scuse per le quali facciamo male l’opera di Dio: partecipiamo male alla Messa, facciamo delle preghiere distratte e svogliate, per cui non siamo buoni, non siamo pazienti, non siamo generosi, non sappiamo perdonare; potrei continuare nelle enumerazioni: nei nostri doverti sociali, nelle nostre responsabilità familiari. Davanti al Signore dobbiamo perciò porre, con molta umiltà, la nostra revisione di vita, per essere nella sua linea, che è linea di verità e di carità.

CODICE 75NFN01312N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 16/12/1975
OCCASIONE Omelia, Martedì III settimana Tempo Avvento, Novena Natale - II giorno
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Ateismo, liberazione dalla mediocrità
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