Sof 3, 1-2. 9-13; Mt 21, 28-32
Rivolto al primo disse: “Figlio, va’ oggi a lavorare”.
Decisamente siamo davanti a uno specchio, lo specchio delle nostre conversioni. Diciamo delle parole, pronunciamo dei propositi, facciamo dei gesti e poi, puntualmente e regolarmente, non li manteniamo. È questa la nostra condanna: la condanna di noi che abbiamo ascoltato la sua Parola e non l’abbiamo messa in pratica, di noi che ci immaginiamo di essergli vicini, perché abbiamo delle forme ed eseguiamo dei riti, ma il segno che si è suoi è proprio l’adempimento della sua volontà, lavorare nella vigna.
Ecco perché il nostro discorso di ieri sera progredisce: la confidenza in Dio domanda la confidenza in noi stessi, la confidenza nelle nostre capacità. Spesso noi, non volendo servire Dio, non impieghiamo i nostri mezzi, non gli diamo il dominio delle nostre facoltà, siamo assolutamente gelosi di amministrare le nostre cose.
Vorrei perciò che stasera ognuno di noi sentisse quanto finora non ha dato al Signore, quanto finora è stato così resistente alla sua grazia.
Prima di tutto, vorrei che vedessimo bene sul dono dell’intelligenza: che cos’è che non abbiamo dato al Signore? Pensiamo tante cose e i pensieri più sciocchi e frivoli forse ci dominano. Ogni giorno entra in noi una folla di pensieri, una folla di fantasie e di immaginazioni, ma al nostro Dio diamo troppo poco spazio e stentiamo a fermarci un quarto d’ora per meditare la sua Parola, per restare in ascolto.
Dobbiamo pensare quanto abbiamo dato della nostra volontà che, essendo ancora schiava delle nostre passioni e dei nostri istinti, fatica a volere le cose più semplici; siamo sempre pronti a ridere e ad occuparci di sciocchezze e siamo lenti, pesanti, quando si tratta di compiere qualche cosa per Lui. Siamo sempre così: pigri, svogliati, senza accrescere la nostra volontà anche solo di un grado. Tiriamo via e ci illudiamo di andare abbastanza bene.
Bisogna che ognuno di noi senta quanto manca e perché manca. Sentiamo la parola del Profeta detta per noi: “Non ha ascoltato la voce, non ha accettato la correzione” (Sof 3, 2).
Accogliere la Parola, muoverci, sentire le nostre responsabilità fino in fondo, la gioia del nostro servizio: chi serve Dio regna, chi vuole regnare con il mondo diventa schiavo di tutte le tirannie del demonio.
Abbiamo bisogno di sentire che il nostro cuore è fatto per Lui e che sarà sempre inquieto, finché non riposa in Lui.
CODICE | 80NFN01312N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 16/12/1980 |
OCCASIONE | Omelia, Martedì III settimana Tempo di Avvento - Novena di Natale – II giorno |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Conversione, servire Dio |
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