Ez 47,1-9. 12; Gv 5,1-3. 5-16
Da trentotto anni malato. Quanta speranza in questi trentotto anni. La speranza di guarire che si smentiva giorno per giorno, che dopo trentotto anni si era forse ridotta a qualche cosa di triste e di cupo. Trentotto anni! Un’attesa che comprende un arco di vita. Un’attesa che più diventa lunga, più diventa angosciosa.
Siamo invitati questa sera a meditare sulla speranza, perché il Signore dona a noi tutti la luce di un’attesa che non viene meno, perché nelle nostre attese entra Gesù. L’attesa di ogni anima che aspetta la santità. L’attesa della Chiesa che aspetta l’avvento del Signore. È l’attesa ancora nostra, della nostra parrocchia, perché possa arrivare ad una vera realtà di fede. Vera realtà.
L’attesa è figurata, nella prima lettura, dall’acqua misteriosa di cui parla il profeta Ezechiele, l’acqua che sgorga dal lato destro del tempio. È tutto un simbolismo ricco e di grande spessore. La Chiesa è il tempio santo di Dio, perché in essa vi è Cristo e spetta alla Chiesa convogliare le acque della salvezza, le acque della redenzione. Spetta alla Chiesa.
Ecco perché la nostra speranza trova così una sicurezza meravigliosa. Chi è nella Chiesa è nella salvezza. Chi è nella Chiesa e vive le acque della grazia e della verità, non può venir meno. Chi è nella Chiesa gioisce ed è invitato ogni giorno, con pienezza, a vivere di Cristo. Speranza alla quale tutti allora siamo chiamati e invitati perché è necessaria l’adesione di tutti ed è necessario perciò vivere la realtà della Chiesa nella nostra parrocchia.
Quando pensiamo a quante grazie ci ha dato il Signore noi restiamo meravigliati, perché ci sappiamo e ci riconosciamo indegni. Ci ha donato molte grazie e oggi ricordiamo la grazia del diaconato, del servizio diaconale. La Chiesa diventa sempre più ministeriale. La nostra Chiesa locale ha accolto l’invito che il Concilio ha dato a tutti. Una Chiesa in ministero è una Chiesa in servizio, è una Chiesa che vuole essere il prolungamento di Gesù che è stato il servo, il prolungamento di Gesù che è venuto per porre così il suo servizio, per porre così il dono del suo amore. Vorrei che apprezzassimo e collaborassimo sempre di più a questa grazia dell’ordine, a questa grazia del ministero ordinato. Vorrei che collaborassimo in uno spirito di fede, in uno spirito di umiltà, in uno spirito di carità, in uno spirito di collaborazione. Vorrei che sempre di più benedicessimo Dio che ci dona l’abbondanza della sua misericordia, perché sono tanti che aspettano la fede e noi non ci possiamo chiudere in noi stessi, perché la Chiesa è fatta per gli altri e noi dobbiamo evangelizzare e noi dobbiamo impegnarci e noi non possiamo desistere e noi dobbiamo continuamente interrogarci se facciamo quanto possiamo. Collaborare tutti perché venga il Regno di Dio, con pienezza, venga nei cuori che non lo amano, venga nelle famiglie che lo rifiutano, venga in tutta la nostra società.
Il Regno di Cristo è Regno di pace e di amore. Quando auguriamo Cristo, quando portiamo Cristo, noi vogliamo portare agli uomini un raggio di vera felicità, perché fuori dal Signore c’è solo la tristezza, il cupismo del peccato, c’è solo l’immersione nel materiale che non sazia, che rende anzi pesante l’esistenza.
Il Signore ci chiama. Cerchiamo allora di dire di sì e la nostra collaborazione sia veramente piena.
CODICE | 82COQ01343N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 23/03/1982 |
OCCASIONE | Omelia, Martedì IV settimana Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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