Nm 21,4-9; Gv 8,21-30
Gesù si proclama Dio. Non è uno degli uomini che è travolto dalla cattiveria dei suoi nemici, non è un impotente. È Dio infinito, meraviglioso nella sua onnipotenza, padrone del cielo e della terra. Gesù proclama la sua divinità: Io sono di lassù. Rifiutare Lui è rifiutare la vita: “Morirete nei vostri peccati”. Rifiutare Lui è rifiutare colui che tiene in mano i destini del nostro vivere, del vivere di tutto il mondo. Con quanta umiltà, con quanta fede, dobbiamo guardare a Gesù! Perché altrimenti non misuriamo neanche inizialmente il suo sacrificio, la sua umiliazione. Egli, Figlio di Dio, si dà in mano agli empi, si dà volontariamente, si dà perché ci ama, perché vuol salvare i suoi stessi crocifissori. Quanto siamo amati da Dio lo misuriamo guardando la Croce di Gesù, quella Croce che basta guardarla e invocarla: è la salvezza, così come era stato profetizzato nel serpente di bronzo di Mosè. Gesù salva perché Gesù è Dio. Gesù redime perché il suo sangue è il sangue del Figlio di Dio. Con quale slancio, con quale ardore dobbiamo allora contemplare il sacrificio e oblazione di Gesù! Con quanto slancio e come dobbiamo vincere ogni forma di abitudine che ci porta ad essere distratti e svogliati e assenti perfino durante la messa, quando sul nostro altare si ripete il sacrificio della Croce e lo stesso Figlio di Dio che presenta al Padre celeste la preghiera e l’oblazione per noi; lo stesso Figlio di Dio che applica alle nostre anime i frutti del suo Calvario. È lo stesso Figlio di Dio. Quanta sensibilità! Quanta generosità! Quanta forza deve esprimere la nostra fede! Viviamo questo tempo così stretto nella Passione del Signore da non lasciare nessun altro spazio di riflessione. Guardiamo, meditiamo e corrispondiamo con amore: è il Figlio eterno di Dio che si offre per noi, che si offre in tanta generosità di amore. Perché non lo amiamo anche noi? Perché non ci doniamo tutti a lui? Perché non corrispondiamo con più forza, con più perseveranza, con più speranza, la speranza che viene dall’essere così beneficati, dall’essere così cercati, dall’essere così voluti. Il Signore ci vuole suoi, ci vuole tutti suoi, vuole che noi preghiamo per quelli che ancora lo offendono, per quelli che nella loro ignoranza gli vivono lontani. Perché l’unica salvezza è Lui e il rifugio vero dell’uomo è nel cuore del Salvatore.
CODICE | 86CHQ01344N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 18/03/1986 |
OCCASIONE | Omelia, Martedì V Settimana Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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