Nm 21,4-9; Gv 8,21-30
“A queste sue parole molti credettero in Lui”. Ma quanti perseverarono? Quanti ne troviamo sul Calvario? Nella piazza davanti al Pretorio a difenderlo? C’è fede e fede. Ha detto il Signore: “Chi veramente crede costruisce la sua casa sulla roccia”. Dobbiamo perciò prendere questo paragone e analizzarlo: se la nostra vita è fondata sulla roccia o sulla sabbia, perché poveri noi, se siamo in una posizione così precaria, così insufficiente e così povera! Noi dobbiamo cercare la perseveranza nella fede. La perseveranza è quella virtù che ci fa proseguire sempre, che ci fa essere sempre costanti, vigorosi, che non ci butta mai a terra, perché sempre si ha fiducia e, se ci sono dei momenti di debolezza, questi vengono scossi. Noi siamo chiamati alla perseveranza, a un lavoro quieto e continuo, come sono stati continui e perseveranti coloro che hanno costruito le nostre chiese, mattone su mattone. Le nostre cattedrali sono così e hanno sfidato i secoli per della gente umile, mattone su mattone, per tanti anni. La vita spirituale non è fatta di entusiasmi e di colpi di testa. Non è fatta di fuochi d’artificio, di scoppiettii improvvisi e luccicanti. La vita spirituale è fatta ogni giorno di azioni umili, di azioni sempre simili. È perseverante chi vince la monotonia e la noia e capisce che cosa si ottiene mettendo una sopra l’altra queste azioni umili, queste azioni che il mondo non apprezza, che il mondo non valorizza, ma che sono tanto preziose agli occhi di Dio. Noi abbiamo bisogno di imparare il dovere quotidiano, quel dovere per cui, perseverando nello sforzo, continuando nella ricerca di Dio, continuando nella ricerca della perfezione, noi poniamo al Signore delle basi perché il suo Spirito faccia ciò che noi non riusciamo a fare. Fino in ultimo. Fino alla grazia della perseveranza finale che è un dono gratuito di Dio, che ci arriverà nel momento di consegnare il nostro spirito: “Nelle tue mani, Padre, raccomando lo spirito mio”. Ecco, abbiamo visto Gesù innalzato in croce. Lui aveva detto: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora sapete che Io sono”. Ecco, quando l’uomo ha perseverato così nella sua croce, allora fa vedere proprio come ama Dio, come cerca Dio, come costruisce. E perché lo raffiguriamo crocefisso? Lo raffiguriamo crocefisso per imparare a crocefiggere noi stessi, a unirci a Lui in questo dono di tutti i giorni, in questa offerta di tutti i giorni fino al momento della gloria. L’ascensione al cielo si prepara sulla croce, si prepara nel dovere umile e nascosto che noi cercheremo di far bene. E lo faremo bene quando lo faremo per amore di Dio, quando lo faremo offrendo tutto a Dio, desiderando unicamente di fare la sua volontà.
CODICE | 79D2Q01344N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 03/04/1979 |
OCCASIONE | Omelia, Martedì V Settimana Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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