At 20, 17-27; Gv 17, 1-11
“Io ti ho glorificato sopra la terra”, dice Gesù nella sua preghiera al Padre, “ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini” (Gv 17, 4). Ecco, come ha fatto Gesù ognuno di noi deve fare, anche noi in un altro senso, ma in verità, siamo venuti dal Padre, anche noi abbiamo il nostro compito sulla terra, anche noi abbiamo la nostra chiamata alla glorificazione.
È evidente, il cammino è lungo, il cammino è difficile, anzi, se fossero le nostre forze sarebbe impossibile.
La nostra fede ci indica con chiarezza quali sono le nostre responsabilità e qual è la meta alla quale dobbiamo tendere, ma se avessimo solo la fede ci sentiremmo, così, immersi nella nostra povertà e non potremmo muoverci.
Ecco perché il Signore ha infuso nell’anima nostra una seconda grande virtù, la virtù della speranza. Per questa virtù, noi sappiamo che Dio è fedele e che Dio, nella sua fedeltà, ha posto delle promesse, delle promesse che sicuramente non lascerà: ci ha promesso il Paradiso e ci ha promesso gli aiuti per arrivare in Paradiso.
Quello che vede la fede, si può raggiungere perché Dio ci assicura la sua presenza, il suo aiuto, la sua misericordia; l’assicura a chi va per la via dell’innocenza, l’assicura a chi va per la via della penitenza.
Dio, infinita misericordia, ci assicura il suo perdono. Dio, infinitamente buono, chiama anche i peccatori, chiama anche i più grandi peccatori a ravvedersi, dona a loro la grazia della conversione, dona a loro la grazia della perseveranza, perché arrivino sicuramente alla patria degli angeli e dei santi.
La virtù della speranza è dunque meravigliosamente forte, meravigliosamente consolatoria.
La gioia cristiana è fondata sulla speranza. Ecco perché in tutte le beatitudini noi troviamo questo sostanziale ottimismo, l’ottimismo di chi sa che lo aspettano tribolazioni, ma che queste tribolazioni verranno evidentemente superate, vinte, si trionferà di tutto. Non c’è nessuna tentazione superiore alle nostre forze, non c’è nessun pericolo che ci può far crollare se noi non vogliamo, se noi guardiamo alla misericordia di Dio, se noi sappiamo che Dio, nella sua fedeltà, non permette mai nulla di troppo gravoso, di impossibile.
Ecco perché lo Spirito Santo, nel nostro cuore, ci fa gustare la speranza e ci assicura col suo dono del Timore di Dio. Il dono del Timore di Dio è proprio ciò che ci fa capire, fino nella perfezione, quanto vale amare il Signore e quanto è importante vincere ogni forma di peccato.
Oh sì, quello che vale nella vita non è quello che gli uomini di solito stimano. L’inizio della sapienza è il Timore di Dio e, nello stesso tempo, questo Timore e amore ci porta alla perfezione piena.
Quanto dobbiamo desiderare di esser ricchi del Timore di Dio, per essere sempre più forti nella speranza, sempre più ardenti nei nostri propositi, sempre più volenterosi a tendere a quella santità a cui Dio ci chiama!
È la grazia che chiediamo particolarmente stasera.
CODICE | 76F0N01366N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario, 01/06/1976 |
OCCASIONE | Omelia, Martedì VII settimana Tempo Pasqua, Novena di Pentecoste - V giorno |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Speranza, Timore di Dio |
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