27/10/1981 - Omelia Martedi XXX Ord Funerale

Sant'Ilario d'Enza, 27/10/1981
Omelia, Martedì II settimana Tempo di Pasqua - Funerale

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Mt 5, 1-12

È un momento nel quale sentiamo più che mai vive e penetranti le Beatitudini evangeliche: veramente “beati gli afflitti, perché saranno consolati” (Mt 5, 4).

Ora, è grande la nostra fiducia in questa promessa del Signore, che si avveri pienamente in Virginia. Ha sofferto, ha creduto, ha posto la sua speranza nel Signore. Ora siamo raccolti in preghiera, perché si verifichi la consolazione, la consolazione vera, la consolazione eterna, il gaudio nella gloria di Cristo.

Noi sappiamo che i frutti della fede sono il gaudio e la gloria, che la fede nostra vissuta prepara un’eternità di gaudio.

Vivere di fede, vivere in tutte le vicissitudini, in tutte le contraddizioni, in tutte le prove.

Vivere di fede vuol dire avere gli occhi fissi in Gesù, vuol dire sentire che la nostra esistenza deve assomigliarsi alla sua, deve essere come Lui, perché il cristiano è un membro di Cristo, il cristiano deve rivivere giorno per giorno gli stessi sentimenti di Cristo, gli stessi atteggiamenti di Cristo.

È vissuta di fede, ha sperato nel Signore, il suo nutrimento era la Parola di vita: è questa allora la certezza che si matura nel nostro cuore. Cristo l’accolga nella sua pace, Cristo le dia la ricompensa della sua bontà, delle sue opere buone. Cristo Signore le sia così, in pieno, la ricompensa.

Da parte nostra resta un insegnamento: una vita umile, semplice, una vita fatta così nelle solite cose quotidiane può avere un grande valore, può avere un profondo senso; non sta la grandezza della vita nelle azioni che riscuotono attenzione e applauso. La vita è grande, quando è posta nelle fede e, per chi ha un grande amore, non vi sono delle azioni piccole, ma tutto ha un valore al quale nessun valore umano può essere in paragone.

Ecco, prendiamo questo insegnamento. La vita è degna di essere vissuta proprio nella Parola di Dio, nell’esempio di Cristo. La vita vale se noi vogliamo, se noi mettiamo questa vera intenzione, questo vero sentimento, se viviamo con la sicurezza che il Signore non è assente a noi, è ben presente e ci ama tanto che ci ha uniti a Cristo suo Figlio. E quando noi soffriamo, è Cristo che soffre in noi; quando noi preghiamo, è Cristo che prega in noi.

E perciò resta la sua morte, la morte di Virginia, un richiamo a tutti di fede, di umiltà, di servizio, di bontà.

Le cose passano, resta quello che facciamo per Iddio. Facciamo per Iddio! Lui guarda tutto, Lui benedice ogni retta intenzione, Lui ha dato alla morte il suo Figlio Gesù, perché nessuna cosa nostra cadesse invano, soprattutto non cadesse invano la morte. La morte è la logica conseguenza di una vita, la morte dice quanto uno ha seminato e quanto ha saputo sperare.

Che anche per noi, posta così nella speranza e nella carità, si realizzi valida e grande la nostra esistenza.

CODICE 81LSO0133TF
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 27/10/1981
OCCASIONE Omelia, Martedì II settimana Tempo di Pasqua - Funerale
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Vivere di fede uniti a Cristo – Il valore delle solite cose quotidiane
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