08/02/1978 - Omelia Mercoledi Ceneri

Sant’Ilario d’Enza, 08/02/1978
Omelia, Mercoledì delle ceneri

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Gl 2,12-18; 2Cor 5,20-6,2; Mt 6,1- 6.16-18

Iniziando l’Avvento dicevamo: “Mettiamoci nella nostra situazione di povertà, abbiamo bisogno di Dio”. Ora, all’inizio della Quaresima, ripetiamo il nostro bisogno di Dio e, siccome il Signore ci viene incontro con tutta la sua misericordia, ecco la parte nostra, la nostra collaborazione, quella collaborazione di preghiera, di digiuno, di carità che saranno le opere da presentare a Lui perché, per mezzo di esse, Lui intervenga e risani le ferite della nostra anima.

Dobbiamo avere una coscienza chiara della nostra condizione di peccatori. Dobbiamo sentire il peso e il ribrezzo dei nostri peccati. Dobbiamo andare verso il Signore, perché Lui è pronto e clemente e ricco della misericordia che sola ci può salvare, perché non sono le nostre opere quelle che ci salvano, ma è la sua misericordia che Cristo ci ha ottenuto, che Cristo ci elargisce, perché Egli ha mandato il suo Figlio perché noi fossimo tutti salvi in Lui. Questa voglia allora di deporre finalmente i nostri peccati, di espiarli, questa voglia di sentirci solidali con tutti i cristiani e con tutti gli uomini, questa voglia che è consapevolezza di far parte di un tutto e che i peccati di tutti sono anche i peccati nostri e che noi abbiamo peggiorato le condizioni del mondo e della Chiesa, perché siamo stati tiepidi, siamo stati negligenti, siamo stati neghittosi, perché abbiamo fatto le nostre opere male, perché noi che dovremmo essere fervidi nella carità non lo siamo stati, perché noi che dovevamo tante volte muoverci nella preghiera non ci siamo mossi, perché le nostre preghiere sono state, forse, scialbe e incolori, sono state qualche cosa certamente non degno di Dio.

Ecco, muoverci, muoverci per una preghiera che sia veramente una domanda di perdono per tutti i peccati del mondo, una partecipazione alla Liturgia che sia veramente sentita come l’opera principale della Chiesa, che tutti noi adottiamo delle opere di penitenza. Tutte le Messe la Chiesa ci ripeterà: “Signore, accogli i nostri digiuni”, è il termine classico per designare le nostre varie forme penitenziali. Noi dobbiamo sentire che la nostra responsabilità ci deve condurre all’espiazione: saremmo ipocriti nel dire che siamo pentiti dei peccati, se non li paghiamo un po’ in noi stessi, se non ci uniamo a Cristo penitente che ha offerto la sua vita, che ha sofferto le pene inenarrabili della croce proprio per i nostri peccati. Se non ci muoviamo con opere di penitenza durante la Quaresima, noi perdiamo il senso delle cose e la Pasqua non ci dirà nulla, perché la nostra conversione a Cristo Signore, a una comunione più profonda con Lui, per una partecipazione vera al suo Mistero Pasquale, questa partecipazione non avviene se noi non prendiamo le opere. Non bastano i sentimenti, ci vogliono i fatti, quei fatti che particolarmente la Liturgia sottolinea: i fatti di carità, di bontà, di comprensione degli altri, di elemosina, di spirito di pazienza e di aiuto a tutti. Più buoni, più buoni deponendo dal nostro cuore le varie forme di egoismo che ci affliggono. Così allora viene un recupero totale della nostra vita, un recupero vero che ci porterà tanta gioia. La gioia vera ci ignora, perché ci ignora troppe volte un impegno autentico e forte.

Cominciamo con slancio, cominciamo con entusiasmo e, mettendo sul nostro capo la cenere, ricordiamo la fragilità di tutte le cose umane, la fugacità del tempo. Sentiamo che vale solo quello che è eterno, che vale solo quello che è fatto nel nome di Dio, sentendoci mortali, sentendo che la polvere delle ceneri ci ricorda la polvere del sepolcro.

Ecco, impieghiamo bene il tempo per una sincera riforma, per un dono totale di noi stessi a Dio, per la Chiesa e per tutto il mondo.

CODICE 78B7Q0134YN
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 08/02/1978
OCCASIONE Omelia, Mercoledì delle ceneri
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI La coscienza e l’espiazione del peccato
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