Ger 18,18-20; Mt 20,17-28
Il Signore ci insegna la vera socialità, quella socialità cristiana basata e fondata sull’amore, quella socialità cristiana che risolve tutti i problemi perché parte da Dio e termina in Dio. Chi vorrà diventare grande deve essere il servo. Colui che vuole essere il primo deve essere come uno schiavo. Cerchiamo di capire bene perché per il nostro orgoglio e per la nostra forma di egoismo è una lezione difficile, è una lezione che cerchiamo sempre di non imparare e abbiamo mille acrobazie per eluderla. Certo, ci vuole proprio lo spirito di servizio, non alcune cose poste a servizio, ma il vero spirito di servizio che vuol dire guardare a Dio, guardare al suo precetto, guardare all’esempio di Gesù. Gesù lo indica Lui stesso: bisogna che guardiamo intensamente a Lui perché è Dio venuto tra di noi, è il Figlio unico di Dio, meraviglioso nella sapienza, nella potenza, grande all’infinito. È Lui che, venuto tra gli uomini, si è fatto servo. Lui, il Figlio eterno, immagine sostanziale del Padre, Lui che serve. Cerchiamo di capire bene questa parola: servire. Noi rischiamo di svalorizzarla. Gesù parlava del servizio ed erano gli schiavi che lo facevano. E gli schiavi dovevano stare soggetti, non avevano delle opzioni proprie, non avevano dei diritti, non avevano delle evasioni. Appartenevano al loro padrone che ne faceva quello che voleva. Tutti i servizi, sempre in servizio. Non avevano ferie, non avevano permessi. Di diritto non avevano nulla. Gesù dice che dobbiamo essere in questo spirito. Uno spirito di servizio vuol dire una comprensione totale, vuol dire una umiltà piena, vuol dire un realizzare una soggezione quanto mai estesa. Ecco, questo spirito di servizio dobbiamo chiederlo perché è esigito dalla vera carità che ci ha insegnato Gesù. È esigito da una legge evangelica che troppi cristiani non hanno meditato e non hanno tradotto. Per questo che non sono stati di testimonianza. Gesù ha detto: Vi riconosceranno per miei discepoli se vi amerete gli uni gli altri. Ecco capiamo perché dobbiamo eliminare tutto quello che in qualche maniera è mancanza di servizio cominciando dai giudizi duri, affrettati, andando alle mormorazioni, mettendo sempre prima il nostro comodo e poi gli altri, avendo tante pretese assurde. Impariamo da Gesù. Lasciamoci plasmare da Lui perché è la resurrezione di tutto. Questa carità piena e totale. Questa carità senza timore di esagerare, senza timore di essere troppo, non saremo mai troppo nella carità, imitando Gesù, lasciandosi plasmare da Lui, volendo avere i palpiti del suo cuore.
CODICE | 86BRQ01341N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 26/02/1986 |
OCCASIONE | Omelia, Mercoledì II Settimana Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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