Is 49,8-15; Gv 5,17-30
È sull’amore di Dio che ci conduce a una totalità di salvezza che dobbiamo meditare stasera. Ha detto il Signore per bocca del Profeta: “Anche se una donna si dimenticasse del figlio suo, io non mi dimenticherò mai”. L’amore di Dio è infinito. È talmente grande che noi non possiamo nemmeno immaginarlo. E Dio ama l’uomo, ama tutto l’uomo. E abbiamo ascoltato Gesù che ci ha detto che ci “condurrà alla vita”. Ci conduce alla vita perché ci dà la grazia, perché redime l’anima nostra dal peccato, perché fa che noi possiamo vivere della vita di figli di Dio, perché ci fa incontrare il Padre. E dice che ama anche il nostro corpo, non solo l’anima nostra, ma che questo nostro povero corpo è amato dal Signore Gesù perché non permetterà che resti nella polvere, ma lo risusciterà. Lo risusciterà perché il corpo deve partecipare con l’anima al premio. Anche il corpo deve essere insieme con Lui. I morti udranno la voce del Figlio di Dio. Tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno. Approfondiamo dunque questo amore, cercando di capire come il Signore vuole veramente il nostro bene, come la penitenza quaresimale, che è mortificazione della nostra anima ed è mortificazione del nostro corpo, è per il nostro bene, è per una purificazione che ci assicura la eternità della gioia. Forse ci pensiamo poco alla risurrezione. Dobbiamo pensarci di più. Perché sì questo nostro corpo è soggetto a tutte le miserie materiali. Questo nostro corpo scenderà nel sepolcro. Però se questo nostro corpo avremo il coraggio di farlo stare nella penitenza, se lo terremo soggetto all’anima, se il nostro corpo lo tratteremo duramente, quando si tratta di salvarci dal peccato, questo nostro corpo risorgerà glorioso, meravigliosamente simile a quello di Gesù. È necessario che noi comprendiamo questo amore di Dio. Quando molte volte nella penitenza non vediamo che un lato oscuro, pesante, duro, quando ci costa perseverare in certe forme di penitenza, pensiamo: “Se trattiamo male il corpo adesso, gli facciamo il massimo bene”. Se lo trattiamo bene, nel senso di accontentare le passioni, le istintività, i piaceri disordinati, noi odiamo il nostro corpo, perché gli prepariamo una eternità di sofferenza. Tutti i morti risorgeranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita, quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. Perseveriamo allora nella penitenza. Teniamo il nostro proposito di mortificazione. Siamo severi con noi stessi quando, come ripeto, si tratta di fuggire il peccato, le occasioni del peccato. Cerchiamo di vivere con quella sobrietà, con quella vigilanza che il Signore ci raccomanda. Non abbiamo paura! Perché il Signore avrà per noi un premio che non è assolutamente paragonabile a quel po’ che passiamo fare. Penitenza allora, coraggio di mortificazione, sappiamo negare al nostro corpo ciò che è peccato, per farlo vivere poi per sempre a somiglianza dello splendido corpo di Gesù.
CODICE | 74CSQ01343N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 27/03/1974 |
OCCASIONE | Omelia, Mercoledì IV Settimana Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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