Is 50,4-9; Mt 26,14-25
“Giuda andò dai sommi sacerdoti”. “«Rabbi, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto»”. L’insistenza con la quale in questi giorni la liturgia ci presenta la figura di Giuda, non è senza una ragione profonda.
Il peccato è sempre odioso così. Soprattutto il peccato nostro, di noi che ci diciamo discepoli di Gesù, che ci gloriamo di essere cristiani. Il nostro peccato, il peccato di Giuda. Il peccato, cioè, di tradimento, il peccato che infrange i vincoli dell’amicizia e assume l’odiosità di un amore non accettato, ma respinto e offeso fino alle estreme conseguenze.
È vero, il peccato è tradire Gesù, il peccato è rinnegare l’amore di Gesù, il peccato è porci fuori dalla legge dell’amore, è abbracciare l’odio. Non vale che il peccatore dica: “Io voglio fare solo i miei comodi, non voglio offendere Dio”. La sua azione dichiara la verità: il peccato è disobbedienza a Dio, è non servire Dio, è anteporre il proprio piacere, la propria volontà al piacere e al volere di Dio.
Noi in questi giorni in cui contempliamo la figura sofferente e amabile del Redentore, quanto dobbiamo chiedere di essere liberati dai nostri peccati passati e di non avere più la debolezza, la disgrazia, il tradimento di peccati futuri.
Quanto dobbiamo chiedere questa grazia. È in fondo il gemito implorante del salmo 68. Abbiamo letto prima: “Nella tua fedeltà soccorrimi, Signore”. Sì, perché “l’insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno”. Oh sì,quanta miseria dentro di noi! Quanta miseria accolta in una vaga e continua sete di piacere materiale, di piacere che passa, di piacere che tante volte è solo una vergogna. Il desiderio di Dio della sua volontà, del suo amore.
Domani è il Giovedì Santo. Ci prepariamo a ripetere la cena del Signore: quanta umiltà per andare alla cena del Signore, quanta purificazione, quanto impegno, quanto dobbiamo suscitare nel nostro cuore di promessa di un amore fedele, generoso e continuo.
Quanto ci dobbiamo impegnare perché tutta la nostra vita sia in quest’ordine di grazia, in quest’ordine vero che supera tutte le difficoltà, che vince tutte le tentazioni. La vita è una prova, la vita è una prova grande, è una prova continua e dobbiamo accettarla com’è, perché così ci prepara la corona, ci prepara il paradiso: il cibo è Gesù nella comunione, il cibo che ci guarisce, il cibo che ci preserva dai peccati, il cibo di vita. Il giovedì santo è chiamato il giorno del tradimento, proprio perché in quel giorno in cui il Signore si è dato a noi, Giuda l’ha tradito e con Giuda tutti quelli che hanno commesso peccato.
Impegniamoci allora perché la nostra fedeltà all’amore di Dio sia ben grande e la comunione che celebriamo domani, diventi l’inizio di una vita molto forte e molto grande nella grazia di Dio.
CODICE | 82D6Q0134XN |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 07/04/1982 |
OCCASIONE | Omelia, Settimana Santa - Mercoledì |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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