Dn 3,14-20. 46-50. 91-92. 95; Gv 8,31-42
Accogliamo con molta gratitudine ciò che ci dice il Signore. La sua parola è la stessa sapienza. Egli ci ha detto: “Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato”. Dico: con somma gratitudine, perché noi ci inganneremmo e rischiamo sempre di ingannarci. Ci immaginiamo che, quando andiamo a capriccio, spinti dalle nostre passioni, ingolfati nelle nostre abitudini cattive, noi ci illudiamo di realizzarci. Diciamo: “Oh, finalmente sono libero, faccio quello che mi pare!” Il Signore invece ci avverte: chi commette il peccato diventa uno schiavo, chi commette il peccato abbandona la grandezza e la soavità dei figli di Dio, abbandona questo prezioso dono di essere uniti al Padre nostro e cadiamo sotto la schiavitù orribile, detestabile, sotto la schiavitù del nostro peccato, sotto la schiavitù di Satana e ci vuole tutta la potenza della croce del Cristo a liberarci.
Sì, Signore, noi vogliamo essere liberi, vogliamo essere liberi, soprattutto liberi dal peso del nostro corpo, dalla esagerata tirannia della nostra carne.
Abbiamo visto nella prima lettura i tre giovani essere salvi dalla fornace ardente. Si è visto sempre in quella fornace un simbolo, il simbolo dell’impurità, il simbolo della tirannia dei sensi. Il Signore ci parla di libertà, di una libertà che vede Dio: “Beati i puri di cuore perché lo vedranno”. Il Signore ci dice che non dobbiamo disprezzare il nostro corpo, ma non possiamo nemmeno diventarne gli schiavi. È lo spirito, illuminato dalla grazia, guidato dalla parola di Dio, che deve guidare, che deve indirizzare, che deve dare un senso a tutto quello che facciamo.
La purezza e la castità per gli sposati, è quella virtù per cui noi sappiamo amare veramente Dio come nostro Padre, obbedendo alla sua legge. È la virtù con la quale sappiamo amare bene noi stessi e sappiamo amare bene gli altri. È la virtù con la quale rispettiamo la legge della vita, la legge dell’origine e dello sboccio della vita. È la virtù per la quale noi ci innalziamo al di sopra delle tentazioni, materiali e vili e sappiamo avvicinarci agli angeli. L’impuro abbandona la sua dignità, l’impuro si trascina penosamente, penosamente, con tanta tristezza in fondo al suo cuore; l’impuro rinuncia al dominio di sé, si rende pieno delle cose più brutte, perde il gusto delle cose di Dio, si avvilisce e striscia nel fango.
Come dobbiamo pregare per questa virtù, come la dobbiamo desiderare, come la dobbiamo accrescere. È una virtù grande che il Signore ci rende possibile attraverso la sua assistenza meravigliosa di grazia. È lui che è con noi.
Chi è puro è con il Signore, chi è puro gusta le cose del Signore e le traduce in pratica. Chi è puro irradia intorno a sé come una luce. Chi è puro sa prepararsi bene al suo avvenire, alle sue responsabilità, al giudizio di Dio.
Dobbiamo desiderare molto questa virtù ed essere gelosi di essa. Dobbiamo essere intransigenti, perché se non si è duri e forti, si scende a dei vergognosi compromessi, si scende a dei patti che si manifestano sempre più detestabili. La purezza richiede sincerità, dirittura, forza d’animo.
Dal cuore di Gesù chiediamo un fiume di grazia per potere così essere vittoriosi delle tentazioni, del mondo e di Satana.
CODICE | 82CZQ01344N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 31/03/1982 |
OCCASIONE | Omelia, Mercoledì V settimana Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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