Dn 3,14-20. 46-50. 91-92. 95; Gv 8,31-42
“Non sono venuto da me stesso, ma Lui, il Padre, mi ha mandato”. Sentiamo tutta la forza di questa missione. Il Padre, il Padre manda, il Padre manda per amore, il Padre manda per salvare.
Lo sentiamo bene come tutto dipende dalla nostra accoglienza. Se il Figlio è mandato dal Padre, se incontrando Gesù incontriamo il Padre, la nostra disponibilità è tutto, è tutto. Molte volte ci lamentiamo e le parole di rabbia e di inquietudine sono sul nostro labbro e non capiamo che le tribolazioni sono un grande mezzo che abbiamo a nostra disposizione per accogliere bene Gesù, perché la nostra accoglienza non può essere esteriore, non può essere superficiale, non può essere così in un ordine di formalità. La nostra accoglienza è l’accoglienza della volontà di Dio che ci vuole simili a Gesù. Simili, e se per Gesù il Padre ha voluto la lotta, il sacrificio, la croce, non possiamo accogliere Gesù se non accettando la sua scelta, accettando anche noi la nostra croce, accettandola con spirito di fede, accettandola con la più grande umiltà. Non è forse vero che noi vorremmo sempre poter servire Dio e poter servire il nostro egoismo, i nostri comodi e una tranquillità illusoria della vita? Accogliere Gesù è accogliere il suo stile e volere il suo stile, è sentirci ben tranquilli quando siamo così, nella precisa volontà del Signore. Abbiamo ascoltato il racconto dei tre giovani nella fornace: non hanno avuto paura di essere in mezzo al fuoco, perché sapevano che c’era una mano, la sua mano, che c’era una potenza, la sua potenza. Noi, invece, anche dopo l’esempio di Gesù abbiamo paura di tutto e ci sentiamo amati da Dio solo quando tutte le cose vanno bene e tutte le cose sono in un ordine nostro. Non ha forse voluto bene il Padre a Gesù? Lo ha amato infinitamente, eppure Gesù ha portato la croce. Ecco, noi dobbiamo desiderare che lo Spirito Santo dia a noi il coraggio dei tre giovani della fornace, il coraggio, il sentire che c’è Lui, che nella calura è riparo ed è riparo proprio perché ci dà il senso delle cose, ci dà il senso della vita, ci dà il senso dell’eternità. Se pensassimo come le nostre tribolazioni si cambieranno in splendide glorie, in gioie meravigliose per tutta l’eternità, quanto coraggio avremmo, quanta serenità! Come prenderemmo la vita così come la provvidenza ce la manda giorno per giorno! Ecco, il chiedere allo Spirito Santo il suo dono, il credere che tutto è governato dall’Amore, il volere essere sempre forti in tutte le circostanze; si traducano così i nostri propositi per essere veramente liberi, “Diventerete liberi se conoscerete la verità” e la verità è questa: che la vita è per l’eternità, che le tribolazioni, le sofferenze, la fedeltà ai nostri doveri, è quello che esige da noi il Signore per incoronarci e realizzare noi nella pienezza della sua gloria.
CODICE | 80CRQ01344N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 26-03-1980 |
OCCASIONE | Omelia, Mercoledì V settimana Tempo di Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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