25/12/1978 - Omelia Natale Mezzanotte e ore 11

Sant'Ilario d'Enza, 25/12/1978
Omelie, Santo Natale mezzanotte e ore 11

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Is 9, 1-3; 5-6; Tt 2, 11-14; Lc 2, 1-14

OMELIA DELLA MEZZANOTTE

Con gioia accogliamo l’annuncio degli angeli. Come allora così anche adesso: Gesù è nato per noi, Gesù è venuto per noi, è venuto adesso per noi! Non era venuto per un’unica generazione degli uomini, era venuto per tutte, per ogni uomo, per la redenzione e la salvezza di ogni uomo, per ognuno di noi, perché ogni uomo avesse la sua speranza, avesse la sua dignità, avesse aperta la porta di un’eternità di pace e di gloria.

E’ venuto allora perché noi avessimo il senso della nostra esistenza, sapessimo il perché siamo su questa terra, il perché del nostro dolore, della nostra fatica, della nostra gioia.

Venuto per questo, apre le braccia e tutti accoglie e ognuno di noi si sente chiamato, si senta chiamato ad essere buono, a voler bene agli altri, a dare alla propria vita quella santità che Gesù stesso ci ha insegnato, perché ognuno di noi sapesse che niente è inutile, niente è vano quello che si fa nel suo nome, quello che si fa secondo i suoi insegnamenti.

E allora, accogliendo la sua voce, dobbiamo rivoluzionare la nostra vita, buttare via il nostro egoismo, la nostra insaziabile avarizia; dobbiamo buttar via il nostro orgoglio, dobbiamo dominare la nostra sensualità.

Ecco che da Betlemme nasce la luce e la forza per diventare nuovi uomini, uomini cioè che hanno nel loro cuore una grande potenza e sanno comunicarla agli altri, la potenza della grazia di Dio, la comunicazione della fede.

Ecco, è proprio qui. Due cose ci dovremmo proporre stanotte: valorizzare quel grande dono che è la grazia, che è una comunicazione che Gesù ci ha dato come prezzo della sua morte e della sua risurrezione. Il Signore non era nato per vivere, era nato per morire e ciò che ha cominciato stanotte lo ha compiuto sul Calvario, per darci la grazia, cioè quello stato di amicizia per cui possiamo chiamare Dio nostro Padre, per cui la nostra anima è trasformata da una forza divina, per cui veniamo irradiati da una forza soprannaturale e diventiamo dei tabernacoli di Dio, dei tabernacoli dello Spirito Santo.

La grazia è il dono più prezioso: è costato tutto il sangue del Signore. La grazia ci è stata data nel Battesimo e resta sempre, trasfigura sempre la nostra anima e la rende gradita a Dio, a meno che noi non rifiutiamo questa grazia con il peccato mortale.

Noi dobbiamo vivere sempre in grazia, perché così assicuriamo la nostra comunicazione col Signore, assicuriamo la nostra eternità. Vivere in grazia vuol dire vivere sempre in amicizia con Dio, vivere sempre uniti a lui, vivere sempre nel suo amore.

E la seconda cosa che ci proponiamo è quella di accrescere la nostra fede, perché la fede è la nostra grande ricchezza, è la nostra grande forza. La fede è il dono che dobbiamo ancora comunicare agli altri. Dobbiamo avere fede, molta fede, cioè dobbiamo dir di sì a Dio, credere alla sua Parola, lasciarci guidare dalla sua luce.

Grazia e fede.

In questo anno, in cui noi particolarmente meditiamo sul Mistero Pasquale, restino queste due parole come il nostro programma.

Grazia: ognuno viva in grazia, ognuno cresca in grazia.

Fede: maturità di fede, evangelizzazione, cioè trasmissione di fede, trasmissione cioè della nostra sicurezza nella Parola di Dio, perché in tutti i cuori si accenda questa grande luce, che dissipa ogni tenebra. Il mondo è sconvolto e gli uomini sembrano dimenticare le leggi anche più elementari; il mondo intero è sotto la pressione di cose che turbano, che inquietano, che disorientano.

Guardiamo a Betlemme e nella fede in Gesù Uomo Dio troveremo il coraggio per migliorare noi stessi, per aiutare tutti i nostri fratelli.

Is 52, 7-10; Eb 1, 1-6; Gv 1, 1-18

OMELIA ORE 11

La grande gioia del Natale non può ridursi a un fatto sentimentale, è una constatazione oggettiva, davanti alla quale restiamo stupiti: Dio si è fatto uomo, Dio è entrato nella storia degli uomini. Ma perché Dio è entrato? Come mai l’Infinito, Colui per il quale tutto l’universo è meno che per noi un granello di sabbia, come mai ha scelto di diventare un bambino degli uomini? Un piccolo bambino, un bambino di poveri?

Questo è il fatto, storico, vero, davanti al quale noi siamo chiamati a riflettere. E la riflessione parte proprio dall’interrogativo: perché? Ce lo ha detto lui, ce lo ha detto e ce lo ha ripetuto: “Io sono venuto”, ha detto, “perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. In sostanza, Dio è venuto tra gli uomini, si è fatto uno di loro, perché l’uomo impari da lui ad essere uomo, impari da lui quei valori fondamentali ed essenziali che salvano l’esistenza, che danno un senso alle cose. Dio si è fatto uomo perché gli uomini imparino ad amare il loro Padre celeste e Gesù ha insegnato: “Padre nostro, che sei nei cieli”, e perché, riconoscendo in Dio un Padre, riconoscano di essere tutti dei fratelli. È il messaggio della fraternità del Natale, che prorompe fortissimo!

Il Signore ci ha dimostrato un amore infinito e vuole che anche noi impariamo una cosa, che sarebbe facile e invece costatiamo tutti i giorni quanto è difficile, cioè voler bene, amare. Ha voluto insegnarci ad amare, perché è un alfabeto che noi non conoscevamo. E anche adesso chi dimentica Cristo e dimentica le leggi dell’umanità non sa più coniugare questo verbo, che è fondamentale: “Amare”. Non lo sanno più coniugare, ma stravolgono l’amore in una assurdità di contrapposizioni; non amano più e vogliono solo amare il proprio egoismo, il proprio orgoglio, vogliono essere solleticati continuamente nella loro sensualità animale. Gli uomini si arrabattano e, invece di essere felici, sono sempre più infelici; invece di costituire una società dell’amore, come ci ha insegnato Betlemme, costituiscono una società assurda in cui ci si uccide, in cui si opprime il più debole, con un disprezzo totale della vita.

Il Signore ci ha insegnato, nascendo come un bambino, il rispetto grande dell’uomo, il rispetto grande delle leggi fondamentali dell’esistenza.

Si uccide e si dice lecito uccidere; si uccide, si uccidono creature indifese e incapaci. Il fenomeno dell’aborto è la nostra vergogna, la nostra grande vergogna, di noi come uomini e di noi come cristiani. E nessuna legge può dire che non è delitto quello che è delitto, anche se lo Stato non lo punisce, resta un delitto tremendo e terribile, un delitto che attira i castighi di Dio.

Oh, come dobbiamo pregare, perché questo amore vero, che ci ha insegnato Betlemme, sia appreso così fin dalle prime lezioni, per arrivare ad un rispetto totale di tutti! Come dobbiamo avere fede! Come dobbiamo lasciarci guidare dalla Parola di Dio, quella Parola che non può essere messa in discussione come le parole dell’uomo, come le parole dei saggi dell’umanità! Cristo non è un saggio, Cristo è più di tutti, perché è Dio, e la sua Parola resta fondamentale: “ Tu non ucciderai” e, anzi, lui ci ha detto: “Amatevi come io vi ho amato; amatevi, amatevi e sia il vostro amore un amore di dono e di sacrificio, come è stato il mio”.

Dobbiamo pregare, dobbiamo agire, dobbiamo impegnarci, perché vengano la pace e la giustizia, vengano in tutto il mondo, vengano tra di noi, perché ci vogliamo tutti bene, ma il nostro bene non deve essere camuffato da quelle che sono le facili ipocrisie.

Io vorrei che, meditando quest’anno intensamente nella nostra Parrocchia il Mistero Pasquale, il mistero della morte e della risurrezione del Signore, noi intensificassimo questa riflessione che Cristo ci ha portato la salvezza, perché ci ha portato l’amore, che Cristo ci ha portato il suo Cuore, perché nel suo Cuore trovassimo l’unica, la vera pace.

E con questo termino, invocando nel sacrificio della Messa la gioia natalizia su ognuno di voi, su tutte le vostre famiglie, sui vostri bimbi perché (…)

CODICE 78NQO01320N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 25/12/1978
OCCASIONE Omelie, Santo Natale mezzanotte e ore 11
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Natale
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