25/12/1979 - Omelia Natale Mezzanotte e ore 11

Sant'Ilario d'Enza, 25/12/1979
Omelie, Martedì Solennità Santo Natale – Inizio lavori Scuola Materna Parrocchiale

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MESSA DELLA NOTTE: Is 9, 1-3. 5-6; Tt 2, 11-14; Lc 2, 1-14

Una profonda gioia deve inondare ogni anima cristiana, pensando quanto è buono e quanto è misericordioso il Signore: ci assicura che è con noi. Ancora questa notte si ripete un gesto simbolico. Il Bambino Gesù appare di fronte ai nostri occhi e non è solo un ricordo, è una realtà magnifica, la realtà di Cristo che, venuto per noi, resta continuamente in mezzo a noi e ci dona la grazia di rinnovarci, la grazia di essere suoi, la grazia di costituire una famiglia cristiana, in cui tutti si riuniscono e tutti si riconoscono, che è la Chiesa del Signore. Noi ci scambiamo gli auguri: “Buon Natale”, e vuol dire che noi crediamo all’efficacia misteriosa e grandissima di questa presenza, il Natale di Cristo Signore. Ecco perché rinnoviamo la nostra gioia, rinnoviamo il nostro impegno cristiano, rinnoviamo la nostra promessa, perchè il Signore si è fatto uomo perché noi potessimo avere la vera pace, la vera pace che esce dal cuore che è in tranquillità, che è in sicurezza di coscienza. La pace esce dal cuore di ogni uomo che depone l’odio e prende l’amore. Abbiamo bisogno di amore sempre di più e lo sentiamo impellente in questa nostra società, in cui vi sono ancora tante violenze, tante ingiustizie, tanti abbassamenti, in cui nessuno di noi può rimanere indifferente e guardare con occhio stanco tutto quello che avviene. Tutti noi abbiamo la preoccupazione della nostra società, abbiamo la preoccupazione del progredire del male, del facile scatenarsi del male. Abbiamo bisogno di Cristo. Solo Cristo può sanare le nostre ferite. Solo Cristo può dare la nostra sicurezza di bene. Solo Cristo. A Lui ci rivolgiamo. Lui invochiamo. E dobbiamo promettere da parte nostra la fedeltà, l’obbedienza alle sue parole, la sequela ai suoi esempi perché, se solo in Lui è la speranza, se solo in Lui è la certezza, ognuno deve diventare simile a Lui. Diventiamo buoni! Abbiamo bisogno di bontà. Diventiamo buoni coi nostri familiari, coi nostri amici, con quelli che sono lontani da noi, con quelli che la pensano diverso da noi. Siamo buoni, impariamo la bontà. Da Cristo viene continuamente l’aiuto per realizzare la nostra vita cristiana piena, forte, serena. Noi a livello individuale dobbiamo fare la conversione di Natale ed ancora come Parrocchia, come comunità parrocchiale dobbiamo migliorare noi stessi, dobbiamo prendere maggiore responsabilità. Ci aspetta un anno di lavoro e di preghiera, ci aspetta un anno in cui la Parrocchia deve progredire nel bene. Ho il piacere di dire che quest’anno incominceremo i lavori per la Scuola materna parrocchiale. Vogliamo costruire una Scuola materna per i nostri bimbi, che sono figli di Dio col Battesimo ed esigono un’ educazione cristiana. Non come segno di divisione nasce la Scuola materna parrocchiale, certamente no. Nasce come esigenza dell’educazione cattolica piena, totale dei nostri bimbi. La Chiesa ha il dovere non solo di dare l’acqua del Battesimo, ma di dare quella istruzione che faccia progredire i bambini e li faccia maturare, man mano che crescono, nella loro fede. La Scuola materna parrocchiale la vogliamo mettere sotto il patrocinio di san Giuseppe. Si chiamerà Scuola materna parrocchiale san Giuseppe, perché san Giuseppe ha custodito il bambino Gesù e ogni bambino è, in un certo senso, il bambino Gesù. È un impegno molto forte e ognuno lo comprende facilmente, è un impegno grande, che affrontiamo fidando nella provvidenza del Signore. Domando l’aiuto ad ognuno, perché si possa realizzare e si possa realizzare presto. La nostra comunità parrocchiale deve essere sinceramente unita, deve essere fortemente pervasa dallo Spirito di Cristo. La nostra Parrocchia deve diventare sempre più un’autentica vita cristiana che si svolge, che si snoda dalla preghiera alle opere. Voglia il Signore benedirci e darci il suo santissimo aiuto.

MESSA DEL GIORNO ore 11: Is 52, 7-10; Eb 1, 1-6; Gv 1, 1-18

“E il Verbo si è fatto carne” (cfr. Gv 1, 14). Quel bambino che vediamo a Betlemme non è uno degli uomini che hanno reso grande la civiltà, non è uno degli uomini che ha saputo, col suo genio o con la sua santità, dare un indirizzo diverso alla società. Quel bambino è Dio. Il Verbo, la Seconda Persona della Trinità, è diventato un uomo. L’Infinito si è unito al finito. Dio onnipotente si è fatto nostro sotto la fragile sembianza di un bambino. Si è fatto nostro. Ha voluto condividere con noi la nostra storia, ha voluto condividere con noi la sofferenza e la tribolazione. Ha voluto innestarsi così nella nostra esistenza per trasformarla, perché l’uomo diventi e viva da figlio di Dio, perché l’uomo senta sempre di più la sua vocazione. E la sua vocazione viene da Dio che è Amore, che è Amore infinito, da Dio Amore che viene a redimere, viene a salvare, viene a dare una gioia duratura. E lui soffrirà e lui morirà, perché gli uomini abbiano una speranza nella loro sofferenza, sentano che la morte non è distacco definitivo, è strada verso la risurrezione, perché gli uomini possano superare così la loro angoscia, la loro solitudine e guardino a una vita senza fine, perchè l’amore tra gli uomini non sia più basato su particolari concezioni, su particolari sentimenti, ma l’amore tra gli uomini abbia una base divina: “Amatevi come io vi ho amato” (cfr. Gv 13, 34). “Essi”, dirà ancora Gesù, “essi siano una sola cosa, come tu Padre ed io siamo una sola cosa” (cfr. Gv 17, 21). È venuto allora perché gli uomini superassero le ingiustizie, le oppressioni, le violenze e teneramente si amassero di un amore forte, perché amore di Dio, perché dono di Dio, perché realtà che sboccia da Dio. “Da Dio sono nati”, dice sempre il Vangelo (cfr. Gv 1, 13). “Da Dio sono nati”. Ecco allora che oggi noi dobbiamo pregare, perché questa luce diventi sempre più forte e gli uomini l’accolgano. Bisogna che preghiamo perché venga una storia migliore. Troppo la nostra storia sa di lacrime, di fame, di violenze; troppo la nostra storia sa di ingiustizie, sa di miserie innominabili. Noi dobbiamo andare a Lui, vivere di Lui. L’unica salvezza è Lui. L’unica speranza è Lui. Nessun’altra cosa ci può dare speranza, nessun’altra cosa. Ma poi viene un pensiero, un pensiero di preoccupazione, il pensiero di noi cristiani, di noi che crediamo in Lui e dovremmo essere così evangelizzati, da poter realizzare quello che è detto di Giovanni Battista: “Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui” (cfr. Gv 1, 17). Ecco, renderci migliori noi cristiani, renderci più buoni, più comprensivi, più amanti della pace e dello scambievole dialogo. Certo le responsabilità nostre sono tante, ma vogliamo andare incontro al Signore, offrendogli la nostra buona volontà. In particolare noi dobbiamo realizzare una Parrocchia tesa a questa testimonianza, tesa sempre di più a un obbligo che ci ha dato il Signore, l’obbligo di evangelizzare. Non possiamo rinnegare la sua luce, non possiamo nasconderla. Io domando a tutti di collaborare, perché questa testimonianza della nostra Parrocchia sia piena. Quest’anno abbiamo varie mete. Una delle più pressanti, per il carico che ci assumiamo, è la costruzione della nuova casa per la Scuola materna parrocchiale. Noi sappiamo tutto il peso che verrà a noi. Noi sappiamo tutte le responsabilità, per questo dobbiamo aiutare la Parrocchia. La Scuola materna parrocchiale si colloca nel nostro dovere di evangelizzazione. Noi dobbiamo dare ai nostri bambini, nel loro sbocciare, la Parola del Signore, l’educazione cristiana. I cristiani allevano i loro figli nella luce del Vangelo. La nuova Scuola parrocchiale materna sarà dedicata a san Giuseppe, patrono della Chiesa, colui che ha nelle braccia Gesù bambino. Noi invochiamo l’aiuto di san Giuseppe. Diceva santa Teresa d’Avila: “Non ho mai chiesto nulla a san Giuseppe senza ottenerlo”. Vogliamo in questa fiducia realizzare la nostra testimonianza cristiana, il nostro dovere, la nostra precisa responsabilità e l’impegno. Sia la nostra vita parrocchiale allora impegnata, generosa ed evangelicamente operosa. L’operosità è testimonianza di fede ed è testimonianza di amore per tutti.

CODICE 79NQO01320N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 25/12/1979
OCCASIONE Omelie, Martedì Solennità Santo Natale – Inizio lavori Scuola Materna Parrocchiale
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Bontà e pace, educazione cattolica
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