Is 9, 1-3. 5-6; Tt 2, 11-14; Lc 2, 1-14
mezzanotte
“Pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2, 14). Vorrei che l’augurio degli angeli arrivasse a tutti noi, nella profondità delle nostre anime, nel cuore delle nostre famiglie, venisse il Regno di Cristo, forte, grande, magnifico.
Oggi ricordiamo la nascita di Gesù e Gesù è venuto per salvare, è venuto per redimere, è venuto per dare, è venuto perché gli uomini da soli non riescono, gli uomini sono impotenti, presi, avvolti, schiacciati dalle loro passioni e dai loro egoismi.
È venuto a salvare e l’uomo raggiunge la sua dignità, raggiunge le sue giuste proporzioni e l’uomo raggiunge quella pace e quella gioia, che è possibile sulla terra solo in Cristo Gesù, solo in Lui.
Oh, vorrei che tutti noi ci lanciassimo incontro al Signore e ognuno di noi divenisse migliore, ognuno di noi capisse fino in fondo le parole che Gesù stesso dirà: “Se mi amate, osservate i miei comandamenti” (Gv 14, 15). Non è possibile aderire a Cristo se non si aderisce alla sua legge, se non si riconosce in Lui l’unica via, l’unica verità, l’unica vita.
È il nostro cuore che lo deve incontrare, è l’anima nostra che deve porre in Gesù tutta la finalità dell’esistenza. L’uomo deve saper vivere di Dio e con Dio. Non c’è nulla che possa legittimamente estraniarsi dalla sfera di Cristo; tutto, nella persona di fede, deve essere intonato alla fede, tutto deve respirare fede. Un cristiano vive di fede, un cristiano professa la sua fede, la difende; un cristiano si riposa nella sua fede, perché sa che si riposa in una certezza meravigliosa. Il Signore ha dato all’umanità la certezza, la certezza della propria vita, la certezza della propria missione. Ognuno di noi è nella Chiesa e ognuno di noi ha le sue precise responsabilità.
Dobbiamo vivere di Dio e dobbiamo compiere quelle opere che il Signore sottolinea per noi.
La nostra vita parrocchiale deve sempre di più prendere respiro, sempre di più dilatarsi, sempre di più affermarsi, perché si deve affermare il Vangelo, perché il Signore bisogna che sia conosciuto ed amato, bisogna che ognuno, evangelizzato, diventi un evangelizzatore. Tutti i cristiani sono tenuti a portare il messaggio. E così la Parrocchia si struttura come comunità. che non cerca altro che servire il Signore e compiere il bene che Lui indica.
L’anno di “Gesù Redentore”, che abbiamo inaugurato, è l’anno nel quale noi dobbiamo ripensare ai motivi che ci spingono a collaborare a questa redenzione, con continuità e con profondità.
La gioia di questa notte ci porti a vedere sempre di più la necessità di essere anche noi costruttori del Regno di Dio. La Parrocchia è di tutti e nella Parrocchia tutti debbono collaborare.
Abbiamo iniziato l’anno di Gesù Redentore, quest’anno, con l’aiuto di Dio, costruiremo la nuova scuola materna parrocchiale, perché i nostri bambini abbiano una scuola nella quale vengono educati all’amore del Signore, alla sua grazia. La nuova scuola parrocchiale, che si intitolerà a San Giuseppe, dev’essere possibile perché tutti devono sentire il bisogno di aiutare. Certo, l’impresa è superiore alle nostre forze, ma la nostra fede deve spronare perché, se tutti aiutano, la Provvidenza ci aiuterà. Sono già cominciati i lavori. Bisogna che tutti ci uniamo per questa grande opera, che vuole essere così, unicamente, una testimonianza di amore per i nostri bambini. Vogliamo che trovino subito, nella scuola, l’aiuto per conoscere il Signore e diventare veramente, fin dalla loro tenera età, le promesse della Chiesa. Io vi invito tutti a collaborare, generosamente. La nostra Parrocchia, che ha fatto l’oratorio, deve adesso fare quest’altra opera.
Voglia il Signore illuminarci. La luce materiale, che illumina la nostra chiesa (abbiamo rinnovato l’impianto di illuminazione), voglia essere il simbolo della luce spirituale che arriva ad ognuno, per renderlo sempre più pronto, più forte e più bravo nel testimoniare concretamente la sua fede, nel dare generosamente il suo aiuto.
Is 62, 11-12; Tt 3, 4-7; Lc 2, 15-20
giorno di Natale ore 8,30
Nella gioia grande del Natale è giusto che ci scambiamo l’augurio, l’augurio di ogni bene e ogni bene è Gesù.
Augurare Gesù è augurare tutto. Ma che cosa vuol dire augurare Gesù? Ecco, si deve verificare quello che il testo del Vangelo ci ha detto, la volontà stessa dei pastori: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo quest’avvenimento” (Lc 2, 15).
È necessario che, per avere Gesù, noi andiamo a Betlemme, cioè noi ci poniamo nelle disposizioni adatte a ricevere totalmente Gesù, a riceverlo nella nostra mente, a riceverlo nel nostro cuore, a riceverlo nella nostra vita.
Prima di tutto nella mente, perché avere Gesù nella mente vuol dire l’accoglienza piena delle sue verità, vuol dire vivere nella fede, accogliere cioè tutta la verità che ci ha dato Gesù, accoglierla su Dio, accoglierla su di noi stessi, accoglierla sugli altri, accoglierla sul mondo. Molto spesso non permettiamo che la verità del Signore scenda fino in fondo al nostro cuore. Troppe volte pensiamo non come Gesù, pensiamo come pensa il mondo lontano da Gesù, con infiltrazioni così più o meno sottili, o più o meno gravi.
Noi dobbiamo vedere la vita come ce l’ha insegnata Gesù: la vita presente preziosa, preziosa per la sua attività, preziosa per il suo lavoro, preziosa per la carità verso gli altri, preziosa perché abbiamo il nostro posto di responsabilità nella Chiesa, preziosa e preparazione per una vita eterna.
Dobbiamo avere poi Gesù nel cuore, cioè dobbiamo amare e desiderare le cose come le ha desiderate e volute Gesù. Dobbiamo cioè realizzare la nostra fede nei sentimenti e nella traduzione pratica delle virtù.
Gesù nel Presepio è la rivelazione dell’amore infinito di Dio. Il Natale è una festa di amore e di dono, perché il Signore si è posto nella carità per tutti ed è diventato bambino per essere di ognuno di noi.
Realizzare allora come prima virtù l’amore a Dio e, nell’amore a Dio, l’amore agli altri, particolarmente a quelli che soffrono, particolarmente a quelli che sono nel bisogno, più o meno vicini localmente a noi, a tutta l’umanità che si dibatte nei problemi del pane, nei problemi della pace, nei problemi della concordia.
Dobbiamo desiderare e volere la nostra carità verso tutti, esercitandola, da quelli che ci vivono particolarmente vicino.
Una preghiera allora natalizia si erge dal nostro cuore per tutti coloro che hanno un Natale difficile (e lo sappiamo quanti nostri fratelli!), un Natale tremendo; noi li sentiamo vicini al nostro cuore, noi ci preoccupiamo perché la nostra solidarietà non venga meno, né solidarietà di parola, né solidarietà di preghiera, né solidarietà particolarmente di fatto.
Esercitiamo la bontà e la carità con tutto il nostro cuore. E allora il Natale sarà anche nella nostra vita: ci sentiremo più buoni, perché siamo stati vicini alla stessa Bontà che è Gesù, ci sentiremo migliori e sapremo dare di più, dare di forza, dare di impegno, dare con umiltà, dare secondo il precetto evangelico, in modo che “la sinistra non sappia quello che dà la destra” (cfr. Mt 6, 3). Dare perché è giusto dare, senza pretese e senza posizioni preziose e inutili.
Ecco il nostro Natale: un Natale fervido di spiritualità, un Natale fervido di carità. Ce lo auguriamo per tutti, perché venga il Regno di Cristo, che è Regno di bontà e di verità e di amore.
CODICE | 80NQO01320N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 25/12/1980 |
OCCASIONE | Omelia, Solennità Santo Natale, Mezzanotte e ore 11 |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Natale: salvezza dell’uomo |
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