Is 9, 1-3. 5-6; Tt 2, 11-14; Lc 2, 1-14
Messa della notte
Una grande gioia, ecco il Natale. Una grande gioia, perché Dio, l’Infinito, si è fatto uomo, si è fatto uno di noi, è diventato un bambino, perché lo amassimo, perché a un piccolo bambino nessuno si rifiuta di dare amore. È diventato uno di noi e perciò la nascita di Cristo è ancora la nascita dell’uomo, la nascita della dignità e della grandezza dell’uomo. Non può essere sottovalutato un uomo quando è cercato da Dio, quando Dio prende la nostra umanità per redimerci e salvarci. Ecco, le dimensioni della nostra fede stanno qui, stanno nel recepire questa meravigliosa verità, nell’adeguare ad essa la vita. L’insufficienza dell’uomo e la bontà di Dio, la povertà dell’uomo e la ricchezza di Dio: è il motivo che con insistenza appare.
L’uomo, sazio di sapienza, è diventato solo capace di inventare per uccidere. L’uomo, sazio di ricchezze, è diventato egoista e implacabile. L’uomo, sazio di piaceri, è caduto nella disperazione. E Cristo Signore è venuto ad insegnare la sapienza. Dove sta? La vera ricchezza, dove sta? La vera generosità, dove sta? Cristo Signore ci è venuto a insegnare una strada nuova e ogni uomo deve percorrere quella strada e non continuare a camminare nella strada vecchia, nella strada del nostro peccato, della nostra deviazione.
Il mondo è saturo di paura, perché ha dimenticato Dio. L’uomo ha paura degli altri uomini, delle armi degli altri uomini; l’uomo ha paura del potere degli altri uomini, della ricchezza degli altri uomini. L’uomo ha paura anche di se stesso, non si fida più di se stesso, dei suoi valori. Noi sentiamo come paurosamente la nostra società va verso l’abisso, come paurosamente la nostra società va verso il suo annientamento. Del resto guardiamo sgomenti, veramente sgomenti, a quanti purtroppo, a quanti, a tanti, che approvano perfino l’uccisione di una creatura. L’aborto è una terribile vergogna, perché è l’uccisione dell’essere più indifeso, dell’essere più debole, dell’essere che ha tutto il diritto di essere chiamato uomo e di poter vivere come gli altri uomini.
Ecco il Natale che si proclama alto e solenne. Il Natale come si è proclamato ieri e ha dato la salvezza agli uomini, si proclama oggi. E solo in Cristo Signore si adempie fino in fondo, quella che è la vera condizione dell’uomo. Guardiamo a Cristo, invochiamo Cristo, stiamo uniti a Cristo. Osserviamo la sua legge! Senza la legge di Dio c’è solo la legge degli uomini e noi sappiamo come la legge degli uomini tante volte sia ingiusta, sia crudele, sia inammissibile. Chi scuote la legge di Dio, per accogliere la legge degli uomini, vuole la sua distruzione. Dio è l’infinita sapienza, Dio è l’infinita giustizia, a lui sempre noi totalmente ci dobbiamo richiamare, sempre a lui, sempre a lui.
Ecco allora che ognuno di noi questa notte deve porre la sua anima davanti al Signore. A Roma, il santo Padre Paolo VI, chiude la porta del Giubileo: si chiude l’Anno Santo. È stato un'occasione di notevoli grazie, è stato un’occasione di preziosissime grazie. Conversione e riconciliazione sono stati i temi che lo hanno guidato, sono i temi che ognuno di noi deve avere fino in fondo meditato. E la nostra conversione e la nostra riconciliazione con gli uomini non si chiudono, devono sempre di più affermarsi.
Ecco perché, chiudendo l’Anno Santo, nella nostra Parrocchia vogliamo aprire un altro anno, un anno nostro, d’invocazione, un anno dedicato al Cuore Immacolato della Madonna: l’anno di Maria santissima. A Fatima la Beata Vergine, cinquantotto anni fa, diceva che cosa gli uomini avrebbero dovuto fare per salvarsi e aveva preannunciato quella catastrofe, che è stata la seconda guerra mondiale. Il messaggio di Fatima è tremendamente attuale. I peccati degli uomini sconvolgono tutti, bisogna ritornare al Signore. Ecco perché vogliamo particolarmente in quest’anno, in Parrocchia nostra, venerare la Beata Vergine sotto il titolo di Fatima. Cercheremo di pregarla particolarmente col rosario. E un’immagine della Beata Vergine di Fatima, che ora sarà portata all’altare … (registrazione INTERROTTA).
Messa ore 6,30
Is 62, 11-12; Tt 3, 4-7; Lc 2, 15-20
Diciamo sempre, e la consuetudine non fa che sottolineare una grande verità: il santo Natale, il giorno del santo Natale. La nascita di Gesù, è la nascita della sorgente della santità. A Betlemme non c’era un bambino come gli altri, c’era un bambino Figlio di Dio ed era venuto proprio perché gli uomini si salvassero, perché acquistassero cioè, quella dignità, quella santità, che il Signore aveva loro concesso e che loro avevano perduto.
Redenzione: nuova creazione. Ecco, il Natale dobbiamo sentirlo così, la sorgente della redenzione. Dalla nascita di Gesù viene la vita di Gesù, viene il suo Mistero Pasquale. La nascita di Gesù è allora per la nostra vera dimensione. Noi dobbiamo sentire la vocazione a vivere com'è vissuto Gesù, noi dobbiamo sentire questa chiamata ad essere santi. E che cosa vuol dire per un cristiano essere santo, se non essere unito a Dio, se non agire nel nome di Dio, se non vivere secondo quanto la sapienza di Dio gli indica?
Quando parliamo di santità, non ricorriamo subito ad un’immagine eroica: ogni cristiano, deve essere santo, se ogni cristiano deve accogliere nel suo cuore il Signore, se ogni cristiano deve rendere retta, generosa la sua vita. “Siate santi, perché io sono santo” (Lv 11, 45; Lv 19, 2), era stato detto ai sacerdoti dell’Antico Testamento. La santità voluta da Gesù è una partecipazione di quanto lui ci ha portato dal seno del Padre. Gli uomini per sua opera diventano figli di Dio, acquistano dunque una nuova relazione con Dio, acquistano dunque un’incomparabile dignità e come figli di Dio perciò devono agire in proporzione: non solo un nome, nemmeno solo una qualità, ma tutta un’esistenza, tutto un modo di agire, di relazionare, tutto un modo di lasciare, che devono avere questi figli di Dio.
Ecco perché oggi i nostri veri auguri devono essere l’augurio… deve essere un complesso di augurio, che ci scambiamo per essere veramente cristiani, per essere veramente suoi, per essere veramente completi. In fondo augurandoci: “Buon natale”, ci auguriamo di entrare nel mistero di Cristo fino in fondo. Augurandoci: “Buon Natale”, ecco il complesso dei nostri auguri: vogliamo dire è necessario che siamo in pace con Dio, è necessario che siamo uniti a lui, è necessario che siamo in pace con gli altri, è necessario che la nostra vita diventi armonica sempre maggiormente. Armonica, perché il peccato che per definizione è il caos, è la rovina, sia lontano da noi. Diventare allora veramente coerenti e logici. Fare della nostra vita, una vera continuazione della vita di Gesù. Buon Natale! Certo! Lo vogliamo ripetere non come lo dicono i superficiali: un “Buon natale” che non esprime assolutamente nulla. Il nostro “Buon Natale” vuol dire: “Ricordati … sei cristiano. Sei suo. Devi essere come lui. Devi partecipare alla sua santità, alla sua dignità, alla sua bontà”. Il Natale allora è un ricordo di una nascita, ma è soprattutto un auspicio di un fatto, che si deve ripetere in una maniera meravigliosa.
Nato lui, nati noi con lui. Nato lui per la salvezza, rinati noi per la grazia. Nato lui nella più profonda umiltà: da Dio si è fatto uomo, rinati noi dai nostri peccati, nell’umiltà della nostra penitenza, nella sincerità della nostra conversione. Abbiamo terminato l’Anno Santo. Da questa notte abbiamo voluto cominciare un anno parrocchialmente donato alla Beata Vergine Maria, perché c’introduca in Gesù, ci faccia sentire com’è dolce e bello servirlo. Ci educhi a saper pregare per tutti, a saper vivere generosamente la nostra vocazione. L’immagine della Madonna della Beata Vergine di Fatima, che ha chiesto … (registrazione INTERROTTA).
MESSA ORE 11
Is 52, 7-10; Eb 1, 1-6; Gv 1, 1-18
Qual è il senso profondo della nostra gioia nel giorno di Natale? Quando c’inginocchiamo davanti al presepio, c’inginocchiamo davanti ad un bambino, a un bambino come i nostri bambini, a un bambino però che è Dio.
La divinità di Gesù, ecco il grande dono. “Così Dio ha amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3, 16). Questa è la meravigliosa realtà: il cristianesimo è fondato non sulla parola di un uomo, non sulle opere di un uomo, non sull’industriosità di un uomo. Il cristianesimo è fondato su lui, Gesù, Iddio nostro. Togliamo dunque dal Natale tutte le sovrastrutture, togliamo dal Natale tutto quello che ha creato la consuetudine, che ha creato la mania di evasione.
Andiamo ben più in fondo. Il Natale noi lo tocchiamo nel mistero e il mistero è questo: che Dio è diventato uno di noi, che Dio è sceso dall’alto dei cieli per essere con noi, in questa povera terra. Dio ha voluto condividere la nostra esperienza, ci ha tanto amato, da diventare nostro fratello. Ci ha tanto amato, da essere partecipe di tutte le nostre sofferenze. Questo Bambino trema, ha freddo; questo bambino ha fame. È nato in una povera stalla, è nato già rifiutato dalla società. È nato così e ha voluto prendere questa condizione per capovolgere quelli che erano chiamati i valori degli uomini, gli uomini che avevano preso così ad adorare degli idoli, perché li avevano fatti simili a sé e nei loro idoli esprimevano la loro cupidigia, la loro avarizia, la loro lussuria.
Il Signore veniva a Betlemme, perché gli uomini buttassero via i loro idoli. Ed ecco la strana storia: gli uomini hanno capito, hanno buttato via gli idoli, poi, insaziati, ne hanno costruiti degli altri, li hanno chiamati con i nomi più diversi, più strani, più inverosimili, ma erano sempre idoli. E ogni generazione ha voluto creare i suoi. E così è venuta l’apostasia da Betlemme e così è avvenuto ancora il rifiuto di Gesù. E non succede così anche alla nostra generazione? Alla nostra generazione, composta nella grande parte di battezzati, ma sono battezzati che hanno lasciato Betlemme, soprattutto hanno lasciato la realtà profonda di Betlemme, che è preannuncio di croce e preannuncio di sofferenza. Hanno abbandonato il Calvario per farsi i loro idoli, li hanno chiamati “benessere”, li hanno chiamati “libertà”, li hanno chiamati “superamento delle cose vecchie”. Quanti nomi! Tutti per esprimere un’unica cosa: s’abbandona Dio per cercare l’uomo nei suoi valori deteriori.
Cosa dobbiamo fare noi cristiani? Cosa dobbiamo fare noi nella nostra fede? Nella vivacità della nostra fede? Credetemi, il nostro compito è questo: buttare via gli idoli, rovesciare i valori di questo mondo! Dobbiamo rovesciarli, dobbiamo capire che ciò che abbiamo messo al vertice va messo in fondo o addirittura scartato. Abbiamo fatto poco conto della preghiera e abbiamo detto: “Facciamo da noi” e ci stiamo sgretolando come una montagna vecchia. Abbiamo detto: “Noi possiamo costruire con la nostra intelligenza, noi possiamo costruire senza dover dipendere. Noi non dipendiamo da nessuno”. Sì, fatevi le vostre bombe atomiche, fatevi i vostri missili intercontinentali, fatevi tutti gli strumenti del vostro odio. Voi arrivate all’orlo dell’abisso. Basta un gesto: è la distruzione dell’umanità. Basta un gesto, basta un fatto e l’umanità è annientata. Abbiamo detto: “Dobbiamo lavorare, perché la Messa? Dobbiamo lavorare! Come facciamo senza lavorare?” E il lavoro è diventato il nostro supplizio, e il lavoro è diventato la nostra oppressione e invece di essere momento di impegno e di progresso, è diventato schiavitù. Dobbiamo tornare allora all’insegnamento di Betlemme, dobbiamo tornare a quella bontà, dobbiamo tornare a quella povertà. Sì, lo dico, povertà! Povertà non è miseria, povertà è distacco, povertà è usare le cose e non essere adoperati dalle cose. Povertà, nel senso cristiano, è dignità, è carità verso tutti, è comprensione di quelli che hanno bisogno ed hanno fame. Noi dobbiamo tornare a Betlemme. “Essi tornarono”, dice il Vangelo, “i pastori tornarono” (cfr. Lc 2, 20). Non una sola volta andarono, tornarono. Noi dobbiamo ritornare e ognuno di noi si deve sentire migliore.
Dobbiamo pregare di più. Oggi riceviamo Gesù dalle mani immacolate della Madonna. Bisogna che la Madonna sia pregata di più da noi. I suoi messaggi sono messaggi di sofferenza. Noi abbiamo visto, la nostra generazione ha visto e continua a vedere le lacrime della Madonna. La Madonna piange, piange su questa rovina sistematica di tutto quello che ha portato Gesù, su queste nostre famiglie così dissacrate, così tremendamente depauperate. Oh, la santità della nostra famiglia! La santità dell’amore! L’indissolubilità dell’amore! Oh, le nostre famiglie! La gloria della nostre famiglie cristiane! Ecco perché noi diciamo: raccogliamo le raccomandazioni della Madonna. Ecco Lourdes, Fatima, la Vergine di Siracusa. Ascoltiamo l’invito della Madonna.
Questa notte è stato chiuso l’Anno Santo. Noi in Parrocchia vogliamo aprire un anno di consacrazione e di devozione alla Madonna. Per questo passerà per le famiglie che l’accolgono, così, senza nessuna esteriorità, passerà l’immagine della Madonna di Fatima, passerà per benedire, passerà per consacrare, passerà per sanare forse tante ferite. Accogliamo la Beata Vergine nella sua pellegrinazione, accogliamola per pregare. Nell’intimità della famiglia, la preghiera. Nella gioia della famiglia, il rosario. L’unione con la Madonna ci permetterà di capire meglio Cristo, quella “luce vera che illumina ogni uomo” (Gv 1,9). Diventiamo così fervidi, diventiamo così capaci, diventiamo così generosi. Bisogna riprendere le cose da principio, da Betlemme. Solo così rifaremo le nostre famiglie, rifaremo la nostra società.
CODICE | 75NQO01320N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 25/12/1975 |
OCCASIONE | Omelia, Giovedì Solennità Santo Natale - Messa mezzanotte, ore 6,30 e ore 11 |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Natale |
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