Rm 6, 3-11; Mc 16, 1-8
OMELIA MEZZANOTTE
È risorto. Un fatto non dunque una teoria, un complesso di principi sta al cuore della nostra fede, un fatto: Gesù, il crocefisso è risorto. Qui sta tutto, sta l’approvazione del Padre. Il Padre celeste ha accolto l’immolazione salvifica del suo Figlio, l’ha accolta perché l’ha risuscitato, Gesù entra nella pienezza della sua gloria. Il dolore di ieri è il trionfo di oggi, l’amarezza terribile della Passione diventa la sorgente di tutta la gioia di lui e di tutti coloro che si uniscono a lui. Risorto! Per sempre! Il Signore del cielo e della terra, padrone della storia è lui, che ha in mano i destini di tutti i popoli e di tutti gli individui, è lui. Stava profetizzato, è il Salmo che noi cantiamo tutte le domeniche, il Salmo della sua regalità: “Dice il Signore: io ti ho costituito re. Sotto di te saranno tutti, tutti come uno sgabello per i piedi” (cfr. Sal 110). Lui il Signore non ha più paura; nell’orto degli ulivi tremava, nell’orto degli ulivi era nell’angoscia più terribile, ma ha accettato la volontà del Padre. Ora davanti a lui tutti, anche i nemici, anche coloro che lo bestemmiano, anche coloro che quotidianamente ancora adesso lo perseguitano, anche coloro che lo perseguitano nelle membra della sua Chiesa. Tutti. La nostra fede deve dunque cogliere questo primo aspetto della risurrezione: la grandezza del Cristo Signore, la sua grande meravigliosa regalità; la nostra fede deve avere con precisione questo aspetto, è una dimensione necessaria. Troppe volte siamo dubbiosi, siamo incerti, siamo paurosi, molte volte di fronte all’affermarsi del materialismo e dei principi che negano ogni trascendenza, troppe volte dico, si oscilla. Troppe volte si diventa dei timidi, quasi che il Signore non fosse lui che guida tutto, che guida il tempo e guida le cose, che si svolgono nel tempo. Anche il peccato lui adopera per la sua gloria, anche le cose più terribili, che lacerano questo nostro povero mondo, tutte le sa condurre per un trionfo di gloria. Dove sono i cristiani che hanno paura? Dove sono, quando il cristiano, morto con Cristo, è risuscitato con lui? Non è forse vero che in questa notte, notte di Battesimo, il mistero della luce che fuga le tenebre è ricchissimo di significato? La luce fuga le tenebre, Cristo fuga l’errore, lo fa fuggire perché è lui la verità, è lui il grande amore dell’universo, è lui. Nella verità e nell’amore tutto si vince. Ecco, rassodare la nostra fede, essere sicuri che chi vince è il bene. Il male fa molto chiasso, il male fa molta, troppa, continua propaganda, ma il male è destinato ad essere sconfitto. Cristo Signore è con noi, Cristo Signore è unito a noi. Cristo tiene così vicino a sé la sua Chiesa, come uno tiene alle membra del suo corpo. Cristo è con noi, è sempre con noi. Risuscitato non è assente, non è un morto; dei morti si ha un ricordo, ma noi di Cristo abbiamo la presenza forte e incredibilmente efficace. Abbiamo la presenza del Signore con noi.
Ecco il secondo sentimento, la confidenza, quella confidenza che dice: tu devi pregare, tu ti devi unire al Signore e poi, e poi non guardare mai le cose e gli eventi con un senso di pessimismo. Prega, è la tua disponibilità; lascia che il Signore agisca in te e agisca attraverso di te, va' avanti. Ecco la confidenza piena, ecco la sicurezza e per questa sicurezza il nostro impegno, l’impegno ad essere dei risuscitati, non dunque in qualche maniera religiosi, dei risuscitati con tutta la vivacità della nostra vita, dei risuscitati. Avendo partecipato alla resurrezione del Signore, noi non dobbiamo più tornare al peccato, non dobbiamo più patteggiare col male, noi dobbiamo rinnovare la nostra vita. La nostra vita deve avere questo lievito, la nostra vitalità deve avere questa linfa, la nostra opera di ogni giorno deve sempre dipendere da lui. Vita nuova, vita da veri cristiani, vita da cristiani che hanno capito la grazia del loro Battesimo. Vita nuova, vita grande, vita impegnata. Un cristiano deve operare, deve operare per sé, deve operare per i fratelli, deve operare per la propria pace del cuore, deve operare per la pace dell’universo. Il mondo ha bisogno di Cristo, solo di Cristo; il mondo ha bisogno di ritornare ai valori della fede. Il compito del cristiano è di evangelizzare, di evangelizzare curando tutte le cose, che conducono a una promozione umana. Evangelizzare con umiltà, perché si porta una grande cosa, evangelizzare con perseveranza, sempre. Sia questa Pasqua dunque per noi un motivo grande di riflessione, un motivo grande di rinnovamento, sia questa nostra Pasqua un motivo per unirci di più tra di noi, per sentirci più Chiesa unita a Gesù risorto e per essere, così, sempre degni del Battesimo che abbiamo ricevuto, del nome che pur indegnamente noi portiamo.
At 10, 34.37-43; Col 3, 1-4; Gv 20, 1-9
OMELIA ORE 6,30
Pasqua è certezza, la certezza della risurrezione di Gesù, che porta a un incrollabile fondamento della nostra fede; crediamo. La tomba vuota resterà così il simbolo di ciò che noi speriamo, la tomba vuota, Cristo è risorto: “La morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa” (Sequenza di Pasqua). Ecco il potere di Cristo, il potere di lui che noi chiamiamo giustamente Signore, cioè colui che ha in mano le cose. Lui solo è Signore, perché lui solo possiede, perché lui solo dona, perché lui solo indirizza. Ecco, ripetere la nostra fede, riaffermare la nostra fede. Non è su delle chiacchiere, non è su delle impressioni, non è su una teoria, la nostra fede è basata su una certezza, è un fatto, un grande fatto che dimostra quanto il Signore Gesù è così il nostro vero motivo di speranza. Che cosa può sperare l’uomo fuori di Gesù? Può forse sperare negli altri uomini? Può forse sperare sulle loro promesse? Può forse sperare su quelle costruzioni che gli uomini, di età in età, cambiano e dichiarano infallibili? Su niente si baserebbe la vita dell’uomo, se mancasse la risurrezione di Cristo. E allora riaffermare la nostra fede vuol dire riaffermare il senso della nostra vita, il perché della nostra vita. Quanto spesso gli uomini danno alla loro vita un perché non abbastanza solido, molte volte irrisorio. Perché tu vivi? Può essere il lavoro? Certamente no, è un mezzo il lavoro. Perché vivi? Per la tua famiglia? Ma la tua famiglia non può essere lo scopo della tua vita, proprio perché lo scopo della tua vita deve essere qualche cosa che dura sempre e la tua famiglia non dura sempre e la tua famiglia passa. E ognuno della tua famiglia formerà il suo preciso e, alle volte, non solo preciso, destino, la sua traccia. Non può essere la famiglia. Perché vivi allora? Tutto passa e domani che cosa ti troverai in mano? Che cosa? Dio premia solo quello che è fatto per lui, unicamente per lui. Cristo Signore è morto, perché noi vivessimo e vivere vuol dire avere un senso al proprio esistere, perché non basta vivere, anche gli animali vivono. Bisogna che tu dia, per essere vivente, lo scopo preciso che ha avuto Cristo. La tua unione con lui ti dice: devi essere un’unica cosa anche nella intenzione e Cristo è vissuto per la gloria del Padre suo, è vissuto per Iddio e anche tu devi vivere per Iddio. Ognuno di noi si deve sentire veramente chiamato a questa vita vissuta con Dio. Sei in questo mondo per salvare la tua anima, ma se tu vivi in peccato non vivi, ma se tu sei in peccato sei morto. Ecco l’urgenza della Pasqua: risorgi con Cristo, dà alla tua vita un orientamento forte e preciso. La vita cristiana è qualche cosa di forte, è qualche cosa di grande, non è semplicemente una devozione, non è semplicemente una devozione di qualche volta all’anno o di tutte le domeniche. Essere cristiani non è semplicemente avere qualche cosa di devoto diverso dagli altri. Essere cristiano è vivere profondamente la vita di Cristo nella sua Chiesa, è viverla perché è trasmissione ancora, la Chiesa è fatta per evangelizzare, la Chiesa è fatta per donare agli altri. Vivi la tua vita di figlio di Dio e allora tutto è santo, tutto è bello e santo è il tuo lavoro e ancora più santa la tua famiglia. È bello vivere così per la propria famiglia, ma se tu sei in Cristo, se tu sei nella Chiesa, altrimenti non ti conta. L’augurio quindi che ci facciamo oggi è proprio questo: risorti con Cristo vivere degnamente la sua vita, risorti con Cristo avere la stessa precisa orientazione di Cristo. Tutto in lui e tutto per lui. Così la Pasqua è bella e si condensa nell’ “alleluia”, che vuol dire “lode a Dio”. Lo ripeteremo tante volte: Alleluia, lode a Dio, benedizione a Dio, la vita per Iddio.
OMELIA ORE 11
“Vide e credette” (Gv 20, 8).
E la narrazione dice nel suo significato profondo: “E gioì”. Siamo chiamati a partecipare alla Pasqua così: nel vedere, nel credere, nel gioire: nel vedere e non c’è una luce più grande della fede e non c’è una certezza più profonda di quella che ci dà la Parola di Dio. Cristo è veramente risorto! La sua risurrezione ha il significato fondamentale: l’uomo deve passare per la croce, ogni vita umana è segnata dal dolore e dalla sofferenza, Cristo ha sofferto più di tutti perché si è addossato il peccato, l’iniquità di tutti, ma oltre alla sua croce c’è una tomba vuota, una pietra ribaltata. È risorto e con la sua morte, il suo tormento, l’accettazione di tanta umiliazione ci ha ottenuto, pure all’uomo che aveva deposto ogni speranza, di passare per una croce, sì, è necessario, ma di arrivare a una risurrezione. È il significato profondo della vita, che non è un trascinarsi così tra una afflizione e un timore d’afflizione, tra un’angoscia e una prospettiva inquietante, la vita dell’uomo nel piano di Dio ha un’altissima finalità. Noi oggi la ricordiamo questa finalità: ricordiamo che nel Battesimo siamo stati fatti “uni” con Cristo, una sola cosa con lui, per partecipare con lui a quella che è la grande gloria della risurrezione, quello che noi chiamiamo Paradiso, che non è un’astrazione. Il Paradiso è la nostra grande attesa, sarà domani la nostra vita, sarà tutto. Triboliamo per il tempo e quante tribolazioni! Ci tormentiamo per delle cose che passano. Quanto dovremmo ricordare di più una vita che sarà eterna! Una vita che val la pena di seminare, di seminare secondo la Parola del Signore, quella che ci ricordava nei giorni scorsi: “Se il chicco di frumento non muore, non può portare frutto” (cfr. Gv 12, 24). La vita dell’uomo è una lotta, è in questa lotta che ha il suo significato, è seme per l’eternità. Ecco perché, vedendo lui, noi crediamo alla sua Parola. Oggi non ci fermiamo a un ricordo, noi ancora una volta proclamiamo una grande verità: Cristo è vivo, Cristo è in mezzo a noi, Cristo è la nostra forza, Cristo è la base di tutta la nostra speranza. Cosa potremmo sperare senza di lui? Cosa potremmo sperare, ognuno di noi, noi tutti insieme? La nostra società che cosa può sperare senza Cristo, quando l’egoismo ci corrode? Quando l’orgoglio ci fa velo anche di fronte alle più autentiche verità? Quando gli uomini non hanno ancora cambiato la legge instaurata da Caino? Cosa potremmo sperare? Che cosa se non in Cristo? Ecco perché, ci dice l’apostolo nella seconda Lettura che abbiamo visto insieme: “E’ necessario un lievito nuovo. Togliete via”, dice l’apostolo, “il lievito vecchio” (cfr. 1 Cor 5, 7), quei fermenti dentro di noi che portano ad ogni disgregazione e ad ogni contaminazione. Togliete via il lievito per essere una pasta nuova! Questa pasta nuova ognuno di noi deve farla per la sua parte, ognuno di noi deve migliorare sé stesso, ognuno di noi deve diventare più buono, più generoso, più comprensivo. Non deve prendere come unità di misura gli altri uomini, deve prendere Cristo, la pietra di paragone, lui, solo lui e come ha fatto lui dobbiamo fare anche noi. Il fallimento della croce. Sghignazzavano i nemici di Gesù sotto la croce: ecco è finito tutto, dicevano quella sera. No. No. Incominciava tutto. E dopo venti secoli l’umanità non può guardare che al Crocefisso, solo a lui. Ecco perché la nostra fede deve essere operante; non basta credere, la fede senza le opere è cosa morta, bisogna credere ed operare, operare per il bene delle nostre famiglie e della nostra società, operare nella direttiva della Chiesa e del Papa. Dobbiamo operare nella consapevolezza che, se le forze del male sono così organizzate e sono così temibili, noi con Cristo risorto, uniti, abbiamo certamente la vittoria non per noi, per il mondo, la vittoria del bene non di altre cose umane, la vittoria della bontà che dona a tutti e supera ogni ostacolo del proprio egoismo.
Infine ecco allora il terzo verbo: gioire, gioire nella gioia più vera perché siamo con lui, perché dobbiamo vivere di lui, perché con Cristo c’è la vera nostra speranza, la base vera della nostra carità. Sia per tutti noi un giorno di gioia. Guardiamo avanti con serenità. Certi momenti chi ha poca fede dubita della provvidenza e dice: come mai? “Aspetta”, è la Scrittura che ci risponde: “Aspetta. Io ho visto”, dice il Salmo, “ho visto l’empio alto e forte come il cedro del Libano. Sono passato dopo pochi momenti, era solo un po’ di polvere portata via dal vento” (cfr. Sal 37, 35-36). La certezza di essere col Signore ci renda sereni anche di fronte alle prove. Auguriamoci ogni bene, augurandoci Gesù. Auguriamoci ogni bene oggi e portate l’augurio così alle vostre case. Auguriamoci Cristo tradotto nella nostra vita, irradiato dalla nostra vita, Cristo che possa essere in ogni famiglia, Cristo che possa essere in ogni cuore.
CODICE | 76DHO01360A |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 18/04/1976 |
OCCASIONE | Omelia, Domenica di Pasqua - Anno B - Veglia e Messa mezzanotte, ore 6, 30 e 11 |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Resurrezione certezza nostra |
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