07/04/1985 - Omelia Pasqua ore 11

Sant'Ilario d'Enza, 07/04/1985
Omelia, Domenica Pasqua, Messa ore 11

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At 10, 34. 37-43; Col 5, 1-4; Gv 20, 1-9

Il grande giorno di Pasqua ci riempie di vera letizia, una letizia che è la base della nostra fede, perché celebriamo oggi non un’idea, celebriamo un fatto, un fatto storico, vero, che un uomo ucciso, che un uomo dal cuore squarciato è risuscitato, è tornato vivo di una vita meravigliosa. Il risorto: ecco che cosa dobbiamo contemplare, il risorto, proprio come diceva san Pietro nel suo discorso: “Se crediamo alla resurrezione allora Gesù non è solo un uomo, è Dio. E le sue parole sono le parole di Dio”. Soggiunge san Pietro: “E’ stato costituito Signore ed è stato costituito giudice, ecco il giudizio su tutta la terra, giudizio sui vivi e sui morti (cfr. At 10,42). Allora è la sua Parola che noi dobbiamo ascoltare. È lui che dobbiamo vivere. Allora tutto quello che è contro di lui noi dobbiamo rifiutarlo. Tutto quello che in qualche maniera non gli appartiene non deve appartenere nemmeno a noi, perché siamo sempre tirati verso il compromesso: cristiani di nome, non cristiani di fatto. Cerchiamo l’assoluzione dei nostri problemi in un compromesso che è tristissimo. Le leggi di Dio vanno osservate fino in fondo. Che cosa vuol dire allora credere nella resurrezione? Accettare con gioia e con riconoscenza ciò che ci ha insegnato Gesù e praticarlo fino in fondo, altrimenti la nostra vita diventa vuota, senza senso, senza perché. Allora lo sappiamo perché gli uomini si dibattono e le nazioni si tormentano nella ricerca vana della pace, della giustizia e della bontà: mancano di Cristo, mancano di lui e noi battezzati dobbiamo sentire la misteriosa unione che Cristo ha voluto con noi, perché ci ha reso tutti testimoni. Dicevano gli apostoli: “E noi siamo testimoni della sua resurrezione” (cfr. At 2,32 ; At 3,15). Un cristiano che crede diventa un testimone, un cristiano che crede porta al mondo qualche cosa che il mondo non ha ma il cristiano vero deve veramente vivere di Cristo. Diceva san Paolo: “Togliete via il lievito vecchio per essere pasta nuova, perché siete azzimi” (cfr. 1 Cor 5,7), perché nella gloria di Dio c’è la sua meravigliosa donazione. Donarsi a Cristo, perché Cristo nostra Pasqua è stato immolato per noi e il fermento e il lievito vecchio deve essere tolto perché possiamo dire di essere veramente anche noi risorti. Impariamo allora a dare alla nostra Pasqua un senso e un ritmo fortissimo. Impariamo ad essere cristiani sul serio. Impariamo ad andare ben oltre tutte le formalità. Diciamo: “Buona Pasqua” e restiamo cattivi. Diciamo: “Buona Pasqua” e restiamo mediocri, diciamo: “Buona Pasqua” e non pensiamo a vivere in grazia di Dio, e non pensiamo ad augurare agli altri la grazia di Dio. Ci lasciamo condurre dal formalismi e dall’esteriorità. Abbiamo bisogno di vivere di Cristo , di amare Cristo, di sentire Cristo, di testimoniare Cristo sempre. E con questo il nostro augurio, il nostro augurio a tutti noi, il nostro augurio al mondo, che possa trovare la vera pace nella carità di Cristo.

CODICE 85D6O01360N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 07/04/1985
OCCASIONE Omelia, Domenica Pasqua, Messa ore 11
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Credere nella resurrezione
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
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