25/06/1988 - Omelia Prefestiva XIII Ord

Sap 1,13-15. 2,23-24; 2 Cor 8,7-9. 13-15; Mc 5,12-43

Dobbiamo vedere quale ricchezza possiamo accumulare per noi e per gli altri.

Il Signore, più volte, si è lamentato nei suoi discorsi che non abbiamo fede. È vero: calcoliamo tutto umanamente, restiamo nella nostra logica, restiamo nel nostro vedere e sentire.

Il Signore vuole che superiamo la nostra visione umana e stiamo angolati unicamente nella fede.

Dobbiamo chiedere una grande fede.

Ecco, il primo modo, il modo essenziale, il modo per il quale ripetiamo al Signore: “Signore, io credo ma accresci la mia fede!”. Gesù si raccomandava a Giàiro: “Continua a credere! Continua a credere” (Mc 5,36). Era la condizione.

Ecco, continuiamo a pregare per avere la fede; insistiamo per avere una grande fede; preoccupiamoci di meditare sulla fede! Dobbiamo meditare sulla fede, su come possa essere veramente la nostra grande ricchezza.

Accogliere la parola di Dio, farla a norma della nostra esistenza, farla sicura lampada al nostro cammino. Camminare nella luce della fede, camminare e non desistere, camminare e non inciampare perchè quando si cammina nella luce, è possibile non inciampare.

Tanti cristiani invece inciampano quando avviene una cosa contraria, quando avviene una disgrazia. Allora viene meno loro la fede perchè mettono le loro idee nel piano di Dio. Dio sa quello che fa, Dio ha la sua Provvidenza mirabile.

In questa Provvidenza dobbiamo confidare, in questa Provvidenza dobbiamo riposare.

Vogliamo allora accogliere la parola di Dio e renderla sempre la norma, la nostra fortezza, la nostra gioia. Così vivremo di fede e potremo realizzare il piano di Dio, quanto Egli si aspetta da noi.