02/07/1988 - Omelia Prefestiva XIV Domenica Ord

Ez 2,2-5; 2 Cor 12, 7-10; Mc 6,1-6.

Anche noi siamo chiamati a guardare a Gesù e ad ascoltarlo, perché torrenti di sapienza e di amore escono dalle sue labbra.

Noi non siamo mai abbastanza discepoli. Troppo ci fidiamo di noi stessi, troppo ci fidiamo dei nostri ragionamenti umani, del nostro criterio, «buon senso» – così lo chiamiamo! – umano.

Noi dobbiamo diventare veri seguaci di Gesù ascoltando la sua parola, ubbidendo ai suoi comandi, andando incontro ai suoi desideri. Dobbiamo essere veri discepoli che sanno quanto è prezioso l’insegnamento del maestro.

Gesù è venuto dal cielo sulla terra per insegnarci, e ha detto: “Io sono la verità” (Gv 14,6); e ha detto: “Chi segue me non cammina nelle tenebre” (Gv 8,12).

La gente di Nazaret era incredula e superficiale, perché pensava alla condizione umile del figlio dell’operaio e non pensava che il Padre stesso aveva detto: “Questo è il mio Figlio diletto: ascoltatelo” (Mt 17,5).

Tutta la vita allora deve essere un ascolto sincero, umile, fervoroso. Dobbiamo ascoltare Gesù, ascoltarlo con tutta l’anima, con tutto il desiderio, con tutta la disponibilità, con una docilità esemplare.

Non parla sempre Gesù? Parla nella Messa, parla nella Chiesa, parla all’interno dei cuori. Gesù non fa che parlare; la sua redenzione si esprime prima di tutto così: nell’indicarci la strada, nell’indicarci con quale amore e con quale intenzione dobbiamo fare le cose.

Impegniamoci, allora. Sia il nostro proposito: ascolto fino in fondo all’anima di Gesù, stima grande della sua parola. Vale più una sua parola, una sola sua parola che tutta la sapienza degli uomini!

Ascoltiamolo, non lasciamo cadere neanche un frammento. Ascoltiamolo: è il nostro Dio, è infinito nella sua sapienza; è il nostro Salvatore, è infinito nella sua misericordia.