29/06/1975 - Omelia S. Pietro e Paolo ore 6.30 e ore 8.15

Sant’Ilario d’Enza, 29/06/1975
Omelia, Domenica Solennità Santi Pietro e Paolo Apostoli - Messa ore 6, 30 e 8, 30

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At 12, 1-11; 2 Tm 4, 6-8. 17-18; Mt 16, 13-19

MESSA ORE 6, 30

Onoriamo i santi Pietro e Paolo come le grandi colonne della Chiesa, li onoriamo e domandiamo la loro protezione; la chiediamo per una precisa nostra posizione, per una posizione che non si sovrappone alla vita cristiana, è una posizione fondamentale, perché con il Battesimo noi siamo divenuti figli di Dio, ma nello stesso tempo siamo diventati membra della Chiesa. Siamo cioè figli di Dio perché siamo innestati nella Chiesa, innestati nel Corpo Mistico di Cristo, perché la Chiesa è il prolungamento di Cristo, è Cristo che vive nel tempo e nello spazio, tutto l’arco di tempo che Dio ha fissato per la redenzione.

Noi siamo Chiesa e, essendo Chiesa, abbiamo il preciso impegno d’amare tutto il corpo, perché un membro non può vivere una vita a sé stante, indipendente; quando questo si verifica nell’organismo umano, allora diciamo che è un male che distrugge il corpo stesso. Ogni cristiano non può vivere a sé, ma deve vivere nel complesso, deve svolgere la sua funzione, dev’essere cioè in una grande sintonia e in una grande armonia.

Vorrei che proprio fosse questa la grazia che chiediamo: di vivere bene questo nostro momento, di vivere bene questo momento storico della Chiesa.

Vorrei che nessuno di noi potesse un giorno essere chiamato da Dio un parassita.

Vorrei che nessuno di noi potesse essere definito da Dio, non dal giudizio degli uomini ché il giudizio degli uomini è sempre falloso, nessuno di noi dovesse essere definito da Dio un peso, non un aiuto alla santa Chiesa.

Vorrei che ognuno di noi potesse sentire questa profonda responsabilità: in questo momento che cosa puoi fare tu per la Chiesa? Che cosa il Corpo di Cristo si aspetta da te? Che cosa si aspetta da te nell’ordine della preghiera? La preghiera è il dinamismo interiore di questo Corpo. Che cosa si aspetta da te nel sacrificio, nel servizio, nell’impegno, nella collaborazione con gli altri? Che cosa il Signore si aspetta da te?

Ecco, abbiamo letto la pagina del Vangelo di Matteo: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa” (Mt 16, 18), ecco il posto di Pietro. Ecco perché dobbiamo pregare per il Sommo Pontefice, perché viva fino in fondo la sua missione. Ma è stato possibile questo per Pietro, perché era stato docile allo Spirito: “Né la carne, né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio” (Mt 16, 17). E allora la nostra posizione nella Chiesa, la nostra collaborazione, la nostra lotta contro gli errori, il nostro stare uniti e il volerci bene rientrano tutte, tutte queste cose rientrano in questo grande segno, perché è segno davanti a tutti: il segno della nostra fedeltà, il segno della nostra umiltà, il segno del nostro impegno.

Vogliamo chiedere allora ai santi Apostoli questa nostra precisa posizione nel nostro ambiente, con chi c’è vicino, nella nostra Parrocchia, così, in umiltà, in generosità, soprattutto in una grande fede.

MESSA ORE 8, 30

In questa festa preghiamo particolarmente per la Chiesa, preghiamo per il Papa, questa Messa è offerta per il Papa, preghiamo per essere fedeli alla Chiesa, per esser fedeli cioè al disegno che Dio sta svolgendo nella storia.

Pietro e Paolo, i due fedeli, coloro che hanno tanto amato il Signore da dare tutta la loro vita, da dare tutto il loro sangue. Non sono stati infallibili: Pietro ha rinnegato il Maestro, Pietro si è meritato da Gesù il più crudo rimprovero che Gesù abbia mai fatto ad alcuni: “Va’ via da me: tu sei satana!” (cfr. Mt 16, 23).

Pietro ha pianto il suo peccato, ha servito il Signore con grande umiltà, ha dato per lui generosamente il suo sangue.

E Paolo era persecutore ed è diventato apostolo, era persecutore e ha lasciato un patrimonio enorme di bene per la Chiesa del suo tempo e per la Chiesa di sempre.

Anche noi peccatori allora possiamo promettere fedeltà, promettere amore, promettere generosità di servizio. Quando leggiamo la storia della Chiesa, leggiamo una storia di tremende controversie; ogni secolo ha avuto la sua e ci viene spontaneo chiederci: ma se fossimo vissuti in quel tempo, in mezzo a quale gente saremmo stati? Al tempo degli ariani, già, c’erano gli ariani, c’erano i semi–ariani, c’erano quelli del compromesso, c’erano quelli che in qualche maniera volevano essere cattolici ma non del tutto. Su, su le grandi eresie del Medioevo, poi la grande eresia protestante, anche lì chi è stato fedele e chi non lo è stato, chi lo è stato a metà, chi ha cercato un gioco impossibile. Bene! Anche la Chiesa del nostro tempo è in un travaglio notevolissimo, un travaglio che è in tanto, in tanto per molti perdizione, un travaglio che è per tutti una sofferenza.

Come sarà il nostro posto? Qual è il nostro posto? Quale è la nostra qualificazione nel piano di Dio? Perché la Chiesa è il Corpo di Cristo e chi non sta unito alla Chiesa non sta unito a Cristo. E ritornano le parole di sant’Agostino, che non può uno chiamare Dio Padre, se non ama la Chiesa sua Madre.

Una fedeltà piena, una fedeltà allora che non è semplicemente in teoria fedeltà, ma che è nella concretezza, nell’umiltà del servizio, nell’obbedienza al Papa, nella generosità degli impegni, nella concretezza del posto in cui il Signore ci ha messo nella Chiesa, il nostro posto.

Ci dobbiamo interrogare, per non essere tra i pigri, per non essere tra quelli che vogliono fare i furbi o i mezzo furbi, tra quelli che tengono i piedi “in due staffe” come si suol dire, tra quelli che in qualche maniera cercano qualche cosa che li nobiliti o li distingua.

Io vorrei che noi esprimessimo questa fedeltà senza niente che diminuisca, ognuno nel suo dono, ognuno nel suo pensiero, ognuno nella sua scelta, ma ognuno in una fedeltà totale, piena, generosa, fervida, la nostra fedeltà alla Chiesa, la fedeltà che è fedeltà di servizio soprattutto, perché, se siamo il Corpo di Cristo il Servo, colui che è venuto a servire, dobbiamo prima di tutto essere pronti ed esser uniti. Essere pronti, perché non possiamo lasciare passare questo momento e poi dire: “Ah, avrei voluto fare …”. Prontezza momento per momento, una generosità perciò senza discussioni, una generosità forte, viva, operante particolarmente, elettivamente direi, nella Parrocchia dove il Signore ci ha posto.

E un servizio che risponda a quelle che sono le istanze più vive della Chiesa di oggi, particolarmente la salvezza della nostra infanzia e della nostra gioventù, perché sta lì la nostra speranza, sta lì ciò che noi amiamo di più.

E poi l’unità: unità che passa di sopra ai difetti, unità che passa di sopra alle debolezze, unità che passa di sopra a quelle naturali divergenze che ci devono essere, non solo ci possono ma ci devono essere, perché ognuno di noi deve esprimere se stesso e porre il suo servizio, come è lui. Unità nella varietà, varietà nell’unità, ma l’unità soprattutto! L’unità di tutte le nostre forze, l’unità di tutta la nostra azione.

Ecco, abbiamo sentito nella prima Lettura l’opera meravigliosa che Dio ha svolto per il suo apostolo. Pietro subirà il martirio, non ora, ora dev’essere utile alla Chiesa, ora deve servire.

E, nella seconda Lettura, abbiamo ascoltato l’apostolo Paolo parlare in una maniera meravigliosa della sua vita e di ciò che lo aspettava: la corona di giustizia.

Ecco, come il Signore ci vuole, quanto il Signore ci vuole, per quanto tempo il Signore desidera da noi. Umiltà, generosità, fervore sempre, un fervore che ci doni uno slancio sempre più grande, per essere veramente a servizio del Signore in tutto.

CODICE 75FUO0133CN
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 29/06/1975
OCCASIONE Omelia, Domenica Solennità Santi Pietro e Paolo Apostoli - Messa ore 6, 30 e 8, 30
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Fedeltà alla Chiesa
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
    tra la vita delle persone, condividendo tutto. 
    In fondo, forse, è il segreto più prezioso che ci ha svelato.”
    Umberto Roversi

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