Mic 7,14-15. 18-20; Lc 15,1-3. 11-32
Su questa pagina del Vangelo abbiamo sempre da commuoverci. Questa parabola che noi chiamiamo “del figliuol prodigo” grida in una maniera meravigliosa la misericordia e la bontà del Signore. E tanti sarebbero i motivi di riflessione sui quali ci dobbiamo fermare stasera e domani. Vorrei però che per questa sera sottolineassimo solo una cosa, perché questa parabola diventasse nostra e noi potessimo ambientarci in essa. Quando parliamo del figliuol prodigo, cioè del figliuolo spendaccione, irresponsabile, egoista, vizioso, noi trasportiamo il soggetto sempre in determinate altre persone. Ed è un errore, perché questa parabola va bene per tutti noi. E ognuno di noi si deve sentire, con più o meno forza, inquadrato così, in questo giovane che sciupa, in questa irresponsabilità così sfacciata, per potere poi, con la grazia di Dio, rifare come lui la strada e tornare dal padre. Perché la quaresima ha questo senso, ha questa forza, di farci ritornare dal Padre, che noi sentiamo il peso dei nostri peccati, che noi sentiamo quante grazie di Dio abbiamo sciupato, buttato via, quanti tesori abbiamo lasciato da parte! Come abbiamo buttato là tanta misericordia! Ed è per questo, proprio perché non ci siamo sentiti peccatori, che la nostra vita molte volte è così superficiale, così scialba, così vuota. Proprio per questo il tipo del cristiano troppe volte è il tipo del mediocre. Vorrei che noi comprendessimo come, figli prediletti del Padre, abbiamo ricevuto un’immensità di grazie, come il Signore è stato meravigliosamente largo, vigile al nostro fianco. Lo scandalo del figlio maggiore della parabola è questa larghezza del padre , questo cedere del padre. Prima, dopo. E il figlio maggiore non ha capito nulla del cuore del padre. Ecco, il Signore ha voluto sottolineare questa larghezza di dono che lui ci fa, anche a costo di scandalizzare quelli che non capiscono il cuore del Padre. Ci ha dato molto. Ci continua a dare molto. Ogni messa è un tesoro. Quanta Parola di Dio! Quante buone ispirazioni! Quanti buoni esempi! Quanti inviti di grazia! Quanti movimenti del nostro cuore dello Spirito Santo! Come la nostra coscienza è pressata da questo vento forte che è lo Spirito! Come la nostra coscienza è agitata! Sono tutti momenti di tenerezza di Dio. Ecco, fermiamoci proprio su questa parola: la tenerezza di Dio. Questa tenerezza che non si è fermata di fronte ai nostri peccati, alla ripetizione dei nostri peccati, alle nostre insulsaggini, alle nostre stupidità. Questa tenerezza del Padre così meravigliosamente attenta, così meravigliosamente preveniente ogni nostro ritorno. Ecco allora, sentirci come siamo stati miserabili, poveri, come crediamo di applicare la parabola agli altri che stimiamo più peccatori di noi e invece forse noi siamo molto più di loro, perché abbiamo ricevuto di più anche se materialmente abbiamo commesso dei peccati di meno. Sentirci come tutte le volte che non corrispondiamo, buttiamo via. Ecco, resti così la nostra riflessione: semplice, ma profonda. “Signore, fammi sentire come sono stato incosciente, come ho dilapidato le tue sostanze, come le ho sperperate vivendo da dissoluto. Come mi sono dovuto adattare ad andare nei campi a pascolare i porci, come ho avuto desiderio delle carrube, e il mondo casa può dare se non di questa roba? E certamente non mi hanno saziato.” Che possiamo in tutto questo tempo di quaresima realizzare il grande proposito: “Mi leverò e andrò da mio padre. Gli dirò: Padre, ho peccato.”
CODICE | 74CFQ01343N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 16/03/1974 |
OCCASIONE | Omelia, Sabato III settimana Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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