Ez 37,21-28; Gv 11,45-56
L’astuzia dell’uomo e la sapienza di Dio. L’uomo nei suoi peccati, nelle sue deviazioni, pretende di essere astuto e Caifa si presenta in questa pagina del vangelo come un uomo che sapeva, ma era proprio, nella sua astuzia, confuso dalla sapienza di Dio. Diceva agli altri: “Voi non capite nulla”, era lui che capiva e voleva giustificare l’atto infame della sua cattiveria con una ragione che nobilitasse: “È meglio che muoia un uomo solo e non perisca la nazione”. Voleva sembrare degno anche nell’azione più infame che l’uomo stava per commettere. Caifa era solo un assassino vestito da sommo sacerdote e pretendeva che gli dessero ragione del suo assassinio, che era giusto uccidere Gesù, che era giusto se si voleva salvare la nazione. Vedete, quando facciamo i nostri conti nei nostri peccati, nelle nostre ingratitudini verso Dio, è proprio il caso di ripetere: “Oh infelice astuzia!”, infelice. Non giustifichiamo mai i nostri peccati, non vogliamo pretendere una lode in ciò che abbiamo ben coscienza di far male. Lo sappiamo che la tentazione sta proprio qui, nel giustificare, nello scusare, nel minimizzare i nostri peccati. Noi dobbiamo essere schietti e, entrando nella settimana santa, dobbiamo porci di fronte alla croce e dire sì, non ho nessuna scusa dei miei peccati, non li guardo cercando di vederli più belli, non li considero una semplice debolezza, non dico che mi è impossibile evitarli, non dico che il Signore mi scuserà. Io mi metto davanti alla croce e dico: ecco che cosa hai fatto tu, ecco come hai inchiodato alla croce il tuo Signore e il tuo Redentore. Piangi i tuoi peccati, impara a redimerti riconoscendo con umiltà quello che hai fatto. Se vogliamo arrivare a una rinnovazione, la strada della sincerità è l’unica, la strada della sincerità ci porta nella strada del vero dolore e del vero proposito. Ecco perché, mai come in questi giorni, dobbiamo invocare lo Spirito Santo, mai come in questi giorni dobbiamo essere davanti alla grazia dello Spirito Santo sensibili e pronti. La nostra sincerità ci farà più onore di tutte le forme tortuose, di tutte le scusanti, di tutto il nostro volere indorare le cose cattive che abbiamo fatto. Sincerità, perché la sincerità ci porterà a riconoscere che noi siamo poveri e miseri e allora la sapienza di Dio ci verrà incontro e ci dirà: sì, sì. Altrimenti noi non faremmo che delle cerimonie esterne che non conterebbero nulla.
CODICE | 80CUQ01344N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 29/03/1980 |
OCCASIONE | Omelia, Sabato V settimana di Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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