29/05/1976 - Omelia Sabato VI Pasqua Nov Pent 2

Sant’Ilario, 29/05/1976
Omelia, Sabato VI settimana Tempo Pasqua, Novena Pentecoste - II giorno

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At 18, 23-28; Gv 16, 23-28

Essere consacrati nella verità cosa vuol dire se non partecipare pienamente allo Spirito di verità, così lo ha chiamato Gesù: lo Spirito di verità, se non essere docili ed obbedienti a questo Spirito che è in noi, per illuminarci e guidarci?

Dicevamo ieri che il grande dono dello Spirito Santo è la virtù della fede, virtù infusa, posta come suo dono nell’anima nostra, verità di pienezza, virtù soprannaturale.

È proprio così. La fede ci fa capire le verità rivelate e lo Spirito Santo prosegue la sua opera col dono dell’Intelletto, che ci fa penetrare sempre di più profondamente in queste verità e ce le fa soavemente gustare.

Ma noi, oltre alla visione delle verità rivelate, abbiamo ancora bisogno di vedere le cose di questo mondo nella luce dello Spirito; non ci sono solo le verità soprannaturali, c’è il mondo, ci sono le cose del mondo, ci sono le relazioni necessarie con tutto questo mondo. Ecco perché abbiamo bisogno di quello che è chiamato il senso della fede, cioè una visione continua nella fede e per la fede, un essere guidati totalmente dallo Spirito Santo, non solo nel campo soprannaturale ma anche nel campo naturale.

Ecco perché la Chiesa ci insegna che lo Spirito Santo continua la sua opera in noi con il dono della Scienza. La Scienza è un dono dello Spirito Santo che ci fa vedere tutto in Dio, ci fa vedere tutto per Dio, ci guida a capire le ragioni della provvidenza, le ragioni dell’amore costante della provvidenza.

Allora l’anima non ha solo una visione onesta, non solo vede le cose come un saggio pagano, l’anima vede le cose in Dio e per Iddio; vede come il creato dipende da Dio, come le cose di questo mondo ci debbano condurre a raggiungere non un fine naturale, ma un fine soprannaturale.

L’anima allora è come pervasa di fede, tutto in lei è fede, tutto in lei è espressione di fede, l’anima allora è guidata. Giustamente è nell’ordine del dono della Scienza che si applica la terza beatitudine: “Beati quelli che piangono, perché saranno consolati” (cfr. Mt 5, 4). È in quest’ordine allora che nemmeno i dolori e le lacrime restano senza una risposta. L’anima capisce l’importanza della sofferenza, di un’apparente mancanza di provvidenza; cioè l’anima ha uno sguardo così profondo che va oltre le apparenze, capisce che è provvidenza anche il dolore.

Noi dobbiamo chiederlo questo dono, perché non ci dobbiamo accontentare di qualche ritaglio di verità.

Troppi si accontentano di piccoli ritagli e altri si accontentano di applicare la fede solo in determinate occasioni e in determinati momenti.

Ecco lo Spirito Santo che ci vuole guidare dappertutto, noi vorremo essere molto docili, perché in ogni cosa venga benedetto il nome del Signore.

CODICE 76EUN01365N
LUOGO E DATA Sant’Ilario, 29/05/1976
OCCASIONE Omelia, Sabato VI settimana Tempo Pasqua, Novena Pentecoste - II giorno
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Fede, Scienza, Beati quelli che piangono
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