2 Sam 7, 4-5. 12-14. 16; Rm 4, 13. 16-18. 22; Mt 1, 16. 18-21. 24
OMELIA ORE 6, 30
Giustamente nella Messa di oggi viene ricordato Abramo. Abramo nella storia della salvezza è l’uomo della fede. Ad Abramo Dio chiese una grande prova di fede, una prova che durò tanti anni. Abramo credette a Dio e questa sua fiducia in Dio, questo suo abbandono totale in Dio, ecco, era come il preannuncio della fede che avrebbero avuto Maria e Giuseppe.
Ecco perché in questo preannuncio era detto che Abramo sarebbe diventato “padre di tutte le genti”. Giuseppe ha preso questa paternità, noi lo invochiamo come patrono della Chiesa. Le generazioni si susseguono sotto questo patrono: è invocato per la sua fede, è invocato per la sua intercessione, è invocato perché sia sempre esempio a tutti. E’ invocato come modello di fede, perché tutta la sua vita è stata posta nell’oscurità della fede.
Ha servito, ha servito nei momenti difficili, non ha visto la gloria di Gesù, non ha visto i suoi miracoli; ha servito giorno per giorno alla direzione della famiglia di Nazaret, ha servito con il suo lavoro, ha servito con il suo coraggio, ha servito nell’esercizio molteplice di una grande santità.
San Giuseppe ha protetto: è stato lui che ha portato Gesù in Egitto, è stato lui che ha preso le decisioni importanti e responsabili, è stato lui che ha rappresentato la guida, una guida umile e ubbidiente perché mossa dallo Spirito Santo. Non molte e svariate apparizioni: nel sonno, nel sonno ha capito, nel sonno gli è stato parlato. Ha diretto così la sua vita, ha difeso così la vita di Gesù.
Ed è invocato come patrono dalla Chiesa, perché la Chiesa è la famiglia di Gesù; nella Chiesa si vive di nuovo la vita di Nazareth, si vivono di nuovo i pericoli, le ansie, si vive il travaglio, proprio come è stato nell’infanzia di Gesù.
La Chiesa deve crescere, la Chiesa deve maturarsi, la Chiesa deve compiere la sua missione, ecco com’è necessario che ci sia Giuseppe, perché Giuseppe, quando è invocato, non manca mai, quando è chiamato, interviene sempre. Diceva santa Teresa d’Avila: “Io non ho mai chiesto nessuna grazia a san Giuseppe, senza essere esaudita”.
E’ il santo della protezione, perché la nostra vita cristiana diventi degna, perché la nostra vita sia un vero servizio a Dio.
Ecco ed è così che noi guardiamo a lui come esempio: esempio di umiltà, esempio di generosità, esempio di castità. Guardare a lui è sentirci forti, è sentirci entusiasti, è cercare nella nostra vita cristiana di fare unicamente la volontà di Dio, come l’ha fatta lui, con la stessa pienezza di abbandono.
Dobbiamo essere ben devoti a san Giuseppe, ma di una devozione solida, che è soprattutto imitazione, imitare Giuseppe nell’amore a Gesù e nell’amore alla Madonna.
Imitare Giuseppe vuol dire allora porre un centro ben preciso alla nostra vita: la volontà di Dio in tutto, fatta con grande perseveranza e con grande amore.
OMELIA ORE 8, 30
Nella storia della nostra salvezza si erge grande, di una grandezza meravigliosa, la figura di san Giuseppe. Ha avuto un grande compito, lo ha tutt’ora. La figura di san Giuseppe dobbiamo rimeditarla tante volte, segna bene quella che è ancora la nostra parte. Avete sentito: Giuseppe è colui coinvolto nell’ordine del regno, del trono, di quel trono che sarà stabile. Giuseppe, della stirpe di Davide, raccoglie l’eredità dei secoli precedenti. Si parla di grandezza, ma la sua vita esteriore è una vita da povero, appartiene ai poveri del Signore, povero, umile, silenzioso. La sua povertà è piena, non ha nessuno appoggio umano, né nell’ordine dei beni, né nell’ordine del potere.
Quando la vita di Gesù è in pericolo, fugge; ritorna dall’Egitto, non può fermarsi a Betlemme, non può contrastare contro gli eventuali capricci di un tiranno. Si ritira così a Nazareth trent’anni.
Lavoro, servizio, preghiera: ecco, la vita di Giuseppe. Ma Giuseppe sa vedere oltre, ma Giuseppe sa che la sua vita è nell’ordine di una provvidenza che passa ogni limite della visuale umana. E' contento, è il primo e l’ultimo nella famiglia di Nazareth: il primo nelle responsabilità, nel peso quotidiano, l’ultimo perché è in un servizio totale a Gesù e alla sua sposa Maria.
Giuseppe passa così la sua vita senza vedere nulla che esteriormente possa sembrare qualche cosa di grande e di bello. E scompare così all’inizio della vita pubblica di Gesù. La sua povertà, il suo silenzio, il suo servizio sono la sintesi di tutta una vita. Non sono quelli che parlano molto quelli più fedeli; molte volte chi parla molto parla per se stesso, parla per la sua gloria. Giuseppe ci insegna il valore del silenzio, di un umile silenzio. Parlare troppo è vantarsi di quello che si fa, parlare troppo è mettere se stessi davanti alle cose che si devono servire.
Dobbiamo imparare anche noi.
San Giuseppe è stato proclamato patrono della Chiesa. Il nostro tempo è troppe volte un tempo di chiacchiere, è un tempo di agitazioni, è un tempo di pretesa. San Giusepe ci insegna l’amore a Gesù.
Ora il Gesù totale è capo e membra, il Gesù totale lo troviamo quindi nella Chiesa, perché la Chiesa è il corpo del Signore.
San Giuseppe ci insegna allora la nostra posizione di umile servizio, la nostra posizione di impegno e di fedeltà. San Giuseppe ci insegna a guardare alla sostanza delle cose, a riconoscere i veri valori, i valori della preghiera, il valore del dono di noi stessi agli altri, il valore che c’è in una vita che è vista solo da Dio, ma, fatta in amore, dona di più alla Chiesa di tutte le altre cose.
Vivere la nostra vita nella fedeltà, come Giuseppe è stato fedele sempre, obbediente sempre, anche quando questa obbedienza gli ha sconvolto tutti i suoi piani, tutti! Ha dovuto essere profugo, ha dovuto cambiare posto, ha dovuto rivoluzionare quanto legittimamente lui aveva posto nei suoi propositi, tutto! E tutto ha offerto.
Noi chiediamo allora a san Giuseppe questa grazia, la grazia di vivere la nostra vita in una profonda fede.
La seconda Lettura fa il parallelo tra la fede di Abramo e la fede di Giuseppe: indubbiamente, vero figlio di Abramo, ha saputo aspettare, ha saputo donare, ha saputo sacrificare, lo ha fatto in un coraggio immenso.
Chiedere a Giuseppe allora questo impegno generoso della nostra vita nella Chiesa e per la Chiesa, sapendo che vale di più questo nostro atteggiamento, che non tutte le altre cose che sanno di ambizione, sanno di rumore, sanno di chiasso.
Impegnarci nel nostro bene fatto ogni giorno per Gesù, impegnarci, ecco una vita piena, una vita ricca di generosità, una vita donata senza guardarsi indietro, senza prospettive di domani, una vita ogni giorno donata per il regno di Dio, ogni giorno.
Resta al centro della nostra giornata la Messa e, nella Messa, noi sappiamo che viene sottolineato soprattutto questo aspetto: tu devi unire i tuoi sacrifici ai sacrifici di Gesù, la sua Messa deve diventare la tua Messa, perché, se la sua Messa, il suo sacrificio non diventa anche il tuo, tu non partecipi, tu non realizzi. Vivere la nostra Messa proprio così, come ha collaborato Giuseppe all’opera della redenzione.
CODICE | 76CIO01341N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 19/03/1976 |
OCCASIONE | Omelia, Venerdì II settimana Quaresima, Solennità di San Giuseppe Sposo B.V. Maria - Messa ore 6, 30 e 8, 30 |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Fede e servizio di San Giuseppe |
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