17/06/1984 - Omelia SS. Trinita PdF

Es 34,4-6. 8-9; 2 Cor 13,11-13; Gv 3,16-18.

“Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, al Dio che è, che era e che viene” (Canto al Vangelo, Ap 1,8). La nostra fede oggi ci porta a un senso più grande e più forte di adorazione e di amore. Siamo chiamati a contemplare l’infinità maestà di Dio, che si svela a noi in un mistero ineffabile: la vita divina è posseduta dalle tre persone, e il Padre genera il Figlio e dal Padre e dal Figlio, come da un unico principio, procede lo Spirito Santo. Dio infinita Verità, Dio infinito Amore; Dio è mistero di Verità e in lui la Verità è una persona; Dio oceano infinito di Amore e in lui l’Amore è una persona.

Piccole creature, ci prostriamo e riconosciamo questa infinita ita, questa gloria suprema e ricordiamo che la Trinità si è svelata a noi, perché la seconda Persona si è degnata di prendere un corpo e un’anima come abbiamo noi, si è degnata di incarnarsi per noi per portarci la salvezza, per darci la suprema dignità e gioia di chiamarci figli di Dio.

Oh, come dobbiamo accrescere il nostro senso di proporzione, di noi così piccoli, di Lui così grande, di noi che senza nessun nostro merito, anzi con tanti demeriti di peccato, siamo chiamati ad entrare in questo circolo di luce, di grazia, di amore e chiamarci ed essere veramente figli!

Troppo spesso nelle nostre preghiere ci manca il senso dell’umiltà, questo senso che ci colloca al nostro posto; troppo spesso manchiamo di adorazione, di un rispetto essenziale; troppo spesso manchiamo del senso profondo di riconoscenza, che tutti noi dobbiamo esprimere a questa infinita grandezza.

La festa della Trinità ci dà il modo di ricordare tutta la finalità della nostra vita cristiana, ci dà il modo di capire un po’ di più tutte le nostre ricchezze, soprattutto la grande ricchezza della Messa. La Messa è la preghiera più grande che possiamo offrire alla Trinità, perché Gesù, che rinnova il suo sacrificio, ci unisce a sé e vuole che anche noi partecipiamo, offriamo, adoriamo, amiamo, espiamo. Sia dunque un rinnovamento di tutta la nostra spiritualità, sia dunque una comprensione più grande della Messa, un senso più preciso dei nostri segni di croce, un esprimere con più forza una preghiera che sappiamo ma che diciamo troppe volte male: “Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo…”.

Essere cristiani vuol dire vivere per questa gloria, diventare lode vera al Signore, esprimere tutta la nostra adorazione nella riparazione delle bestemmie, nel fare che la nostra vita non sia così volta su se stessa, nel fare una religione vera non una religione interessata, un volere che Dio sia a nostro servizio. Noi dobbiamo capire che la nostra vita deve essere tutta per Lui, tutta in Lui, che la nostra vita deve essere un umile e gioioso inno di lode.

Ecco, un gruppo fa la professione di fede; esorto che vivano questa fede e la vivano fino in fondo con questo senso di servizio e di generosità, con un senso chiaro e profondo della preziosità della Messa perché nella Messa c’è tutto. Vivano così, esprimendo a Dio il pieno senso di volontà, di volontà costante di amare il Signore sopra tutte le cose e di volere Lui al di sopra di ogni altra cosa: “Amerai il Signore Dio tuo con tutte le tue forze” (Dt 6, 4). Ecco sta tutto qui.