Is 43, 16-21; Fil 3, 8-14; Gv 8, 1-11
Siamo ben vicini alla Pasqua e la Liturgia insiste perché sappiamo sgombrare il nostro cuore da tutte le cose, come dice l’apostolo: “Le considero come spazzatura” (Fil 3, 8). Sgombrare il cuore per guadagnare Cristo, per entrare nella forza e nella gloria della risurrezione di Cristo.
Noi dobbiamo essere sempre più energici verso noi stessi, secondo la Parola del Signore: “Se tu ti condanni non sarai condannato, ma se tu non ti condanni tu sarai giudicato” (Lc 6, 37).
Ed è in questo senso che vediamo il tema della riflessione ben evidente. Il Signore invita quegli scribi e farisei, che accusavano la donna colta in peccato, a esaminare prima se stessi, a trovare le loro colpe. Invita quella gente che sembrava entusiasta di giustizia, scrupolosa di legge, la invita a vedere nella loro coscienza ciò che non va secondo le sue stesse parole: “Perché tu vuoi prendere via il busco dall’occhio di tuo fratello, quando nel tuo occhio hai una trave? Ipocrita” (cfr. Mt 7, 4).
Ecco, la nostra indagine quaresimale dev’essere in una luce di verità piena. Quali sono quelle colpe, che noi non vogliamo ammettere a noi stessi? Quali sono quegli errori, che noi vogliamo accuratamente nascondere, non pensarli, o almeno vederli in un’altra luce, in una luce di tolleranza, in una luce di stolta misericordia, perché, come gli scribi, facciamo presto a dimostrarci zelanti della gloria di Dio, facciamo presto, giudicando i peccatori e giudicando questo mondo e spesso si sentono delle frasi di deprecazione: questo mondo con tutti i suoi errori, con tutte le sue violenze, con tutte le sue contraddizioni Molti sono quelli che si levano per giudicare gli altri.
L’invito è evidente: noi prima dobbiamo giudicare noi stessi. Tanto più ci dobbiamo giudicare, quando noi abbiamo ricevuto tanta Parola di Dio, tanta ricchezza di grazia e siamo quello che siamo! Giudicare noi stessi non per un piacere sadico, ma per una linea di verità e di giustizia, per renderci meno indegni di partecipare col Cristo alla sua vita e alla sua missione di salvezza.
Noi ci dobbiamo giudicare con energia, con chiarezza, tutti i giorni, perché le male erbe rispuntano tutti i giorni. I nostri difetti, che sembrano essere vinti, da un momento all’altro in realtà rispuntano con nuove forme e con nuove energie.
Ecco, “protesi in avanti” (cfr Fil 3, 13) come dice l’apostolo, “protesi in avanti” guardando a quella novità di cui ancora parlavamo domenica scorsa: “Ecco, siete una cosa nuova”(2 Cor 5, 17), dice Paolo. Dobbiamo arrivare ad essere veramente nuovi, totalmente nuovi. Abramo partì da Ur di Caldea verso la terra promessa, non vi ritornò più. Andava verso l’ignoto, ma non si è voltato indietro, immagine di ogni anima che deve andare verso il Cristo Signore, che deve andare lasciando le cose vecchie. “Dimentico del passato”, continua l’apostolo, “e proteso verso il futuro” (Fil 3, 13), questa grazia di cui noi dobbiamo cercare la pienezza, verso quella grazia che ci viene da Cristo e non viene da noi, che è dono suo e non gloria nostra.
Il cristiano è sempre, come dice la prima Lettura, in un esodo; bisogna credere nell’esodo, che Dio compie perennemente con la sua potenza. Il passato, le opere di Dio del passato sono segno del futuro: “Ecco, faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia: non ve ne accorgete?” (Is 43, 19).
I prodigi di Dio sono di tutti i tempi, di tutte le anime; abbiamo speranza e sicurezza che, se ci mettiamo a sua disposizione, egli con pienezza ci salverà.
CODICE | 77CSO01344N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 27/03/1977 |
OCCASIONE | Omelia, V Domenica Quaresima - Anno C |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Giudicare se stessi |
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