Is 43,16-21; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11
Siamo chiamati a meditare sulla sua misericordia, sulla sua misericordia che non si ferma di fronte al peccato, che non si ferma di fronte a quelli che gli altri condannano. Il Signore infinitamente buono ci fa sperare, ci fa non esitare a buttarci in questa misericordia. Dobbiamo fare la Pasqua proprio gioendo nella sua misericordia. Trepidando per noi, ma accrescendo la nostra confidenza. Sì, certo, di fronte al peccato nostro e al peccato del mondo ci chiediamo: è possibile una vera e duratura conversione? È possibile per la sua misericordia. È possibile perché non solo ci perdona, ma sta teneramente vicino a noi. E dobbiamo imparare sempre di più come trattare i peccatori. E dobbiamo imparare come dobbiamo respingere, buttar via ogni peccato e ogni affetto al peccato. La castità è una virtù di equilibrio e di pace. La castità deriva dalla grande dignità che il Signore ci ha dato, una dignità di amore, una dignità di relazione, una dignità di sentimenti. Siamo figli di Dio e col battesimo il Signore ci ha fatto suoi tabernacoli. Tabernacoli dove vuole che trionfi il suo amore e la partecipazione alla sua vita stessa. Il cristiano, che è tabernacolo, non vuole solo un equilibrio umano, una dignità umana, vuole sentire sempre di più quanto è la sua vocazione, vuole sentire sempre di più qual è il ritmo che deve imprimere alla propria vita. Il cristiano deve, con molta chiarezza, imparare ad amare da Gesù. Amare in Gesù e amare così nella sua grazia. Tutto ciò che è amore il cristiano non lo respinge. Respinge ciò che è tradimento dell’amore, ciò che infrange le leggi dell’Altissimo date per il bene comune. Ecco, quella povera donna rimaneva lì, rimaneva lì angosciata e tremante. Gesù la rassicura: “Neanch’io ti condanno. Va', non peccare più”. Il peccato passato, quando è detestato, il Signore lo distrugge. Il peccato è un patto che l’uomo fa con quello che è il tentatore, con quella che è la forza disordinata che prova in se stesso. Il peccato non più: bisogna vivere di grazia, bisogna vivere di un grande sentimento che conduce e santifica la famiglia e dalla famiglia va, come educazione, a tutti i componenti. La nostra società sappiamo come è ammalata; ammalata di cose brutte, ammalata di impurità, ammalata di inquietitudini che vorrebbero esprimere la sete di felicità e troppe volte sono un inginocchiarsi di fronte alla seduzione. Quanta spinta dobbiamo prendere guardando Gesù! Perché Gesù è il modello nostro, il mirabile modello di come si ama, di come bisogna rispettare chi si ama, il modello perché è il primo dei figli di Dio e ognuno di noi si deve conformare a lui. La virtù della castità è una virtù che conserva il cuore in limpidità, in freschezza, che conserva il cuore sano, è trionfo sull’egoismo. Dobbiamo perciò impegnarci in questa nostra preparazione alla Pasqua, impegnarci a realizzare, a realizzare un più alto senso di dignità, un più alto senso di gelosia, la gelosia dell’amore nostro che non deve essere contaminato, dell’amore nostro che deve essere tenuto in alto, perché così la nostra vita spirituale può prendere il suo volo. La purezza dell’anima è garanzia di dignità e di amore. Avanziamoci sempre di più in questa dignità perché tutto quello che il Signore vuole lo compiamo, ma solo quello che il Signore vuole, in una grande forma di serenità, di chiarezza. Essere limpidi nell’anima nostra per capire le cose di Dio, per seguire le cose di Dio, quelle che ci ha presentato Gesù.
CODICE | 86CFQ01344N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 16/03/1986 |
OCCASIONE | Omelia, V Domenica Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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