Is 58,1-9; Mt 9,14-15
Bisogna sentire l’impegno, un impegno che non è oppressione, ma un impegno che è l’affermazione graduale di una liberazione. È la certezza che il Signore è meraviglioso anche quando ci invita a penitenza. È meraviglioso perché nasconde tanta grazia, nasconde tanta forza in ciò che ci prescrive, da trasformare la tristezza in gioia, da togliere la monotonia e la stanchezza. Ma bisogna intendere la penitenza, intenderla nel senso giusto. Noi di solito evitiamo tutte le penitenze e brontoliamo quando una cosa ci scoccia e brontoliamo quando siamo privi anche di una sciocchezza. Il malcontento ci occupa tante volte tutta la giornata. Lo chiamiamo nervoso, lo chiamiamo sorda irritazione, in realtà non è questione di carattere, non è questione più o meno di circostanze. È la questione che siamo poco persuasi di essere peccatori e quindi pensiamo di aver poco bisogno di penitenza, mentre il bisogno di penitenza è immenso. È per questo che dopo le nostre confessioni non portano rinnovamento, perché non entriamo in questo spirito di penitenza che, sottolineo ancora, non è oppressione, è l’inizio di un’opera vittoriosa e che porta alla gioia. Porta a quella gioia che ci ha ottenuto Gesù con la sua Resurrezione. Noi ci dobbiamo chiedere stasera: con che animo abbiamo intrapreso la penitenza quaresimale? L’animo nostro si dedurrà così: quali penitenze ci siamo prefissati o se abbiamo lasciato tutte le cose nel vago: “Sì, farò penitenza …”, se abbiamo preso delle penitenze ridicole, sproporzionate ai nostri peccati. Sarebbe come uno che dovesse portare adeguatamente un grosso peso e raccogliesse solo un granellino di sabbia. Se abbiamo scelto questa penitenza ridicola non siamo sinceri né di fronte alla nostra coscienza, né tanto meno di fronte a Dio. Noi giudicheremo la nostra penitenza dall’onestà, dall’impegno serio che abbiamo assunto. E dalla perseveranza che dimostreremo in essa. Perché dice Gesù che, quando c’è Lui, non c’è la penitenza cupa che facevano gli altri. Quando c’è Lui, la penitenza diventa leggera, così come diventa leggera la conversazione e la vita in un pranzo di nozze. È così che dice il Signore. Ecco perché nella prima lettura sentivamo il Profeta che diceva: “C’è una penitenza che non va e c’è una penitenza che va”. Interroghiamoci se la nostra penitenza è stata scelta bene, è stata scelta con coraggio, è stata scelta come una forma di liberazione, cioè come una forma che ci garantisce la vera libertà di spirito, il vero gaudio.
CODICE | 79C1Q0134YN |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 02/03/1979 |
OCCASIONE | Omelia, Venerdì delle Ceneri |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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