09/03/1979 - Omelia Venerdi I Quar

Sant’Ilario d’Enza, 09/03/1979
Omelia, Venerdì I Settimana Tempo Quaresima

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Ez 18,21-28; Mt 5,20-26

“Va', riconciliati con tuo fratello”. La voce della liturgia fa di questo precetto una memoria. Ci rende attuale la carità di Gesù. Ci dice come Gesù ha voluto bene agli altri. Ancora dall’altare il Signore ci dice: “Va'”. Non ci vuole con Lui, ci vuole riconciliati. Questo è uno dei fatti maggiori che un cristiano deve realizzare, perché due sono i precetti, e nell’unico precetto dell’amore di Dio sta l’amore del prossimo. È necessario che noi guardiamo attentamente e meditiamo gli esempi di Gesù, come ha fatto del bene a tutti, come si è prodigato per tutti, come non ha fatto distinzione di persona, come davanti a Lui era importante il bambino cencioso sulla strada come era importante l’anima del più grande personaggio dell’epoca. Il Signore ha amato, ha beneficato, non ha tenuto conto delle ingiurie, non ha tenuto conto delle diffamazioni, non ha tenuto conto dei tradimenti. È stato buono perfino con Giuda. E Giuda nell’atto del tradimento è stato chiamato da Lui “amico”. Ora la nostra carità deve essere fatta, costruita sulla carità di Cristo. La nostra carità non può essere solo umana. Per essere solida, per essere degna del cristiano deve essere soprannaturale. Deve essere un esercizio della virtù teologale della carità. Per cui dobbiamo imparare ogni giorno quella carità spicciola, continua e serena. Solo raramente siamo chiamati a degli atti forti di carità. La carità di solito dobbiamo manifestarla così nelle piccole cose di ogni giorno, in quelle piccole cose che devono essere una vittoria sul nostro egoismo, sulla nostra mania di essere superiori agli altri, sulla nostra suscettibilità, sulla nostra permalosità. Siamo tanto permalosi quanto siamo orgogliosi. E l’orgoglio fa strage e l’orgoglio è uno dei vizi più comuni che ci sono negli uomini. E l’orgoglio vuole sempre la stima e l’onore. Alla base di una vera carità sta l’umiltà, l’umiltà con la quale dobbiamo trattare noi stessi in ogni occasione sentendoci poveri peccatori, peccatori che han meritato l’inferno e che non devono poi avere tante pretese. Ci dobbiamo sentire umili cioè veri, autentici, senza camuffamenti, senza altre cose che deformano la verità. Noi dobbiamo essere caritatevoli e la carità si chiama giustizia, quando riguarda l’obbedienza ai nostri superiori, quando riguarda la nostra posizione nella società: dare a ciascuno il suo. Una carità che si chiama vero dono di se stessi nelle piccole e nelle grandi cose. Dono di noi stessi, superando la nostra suscettibilità soprattutto nel perdonare, nel perdonare veramente. E voi sapete che non si perdona veramente se non si dimentica. Bisogna dimenticare quello che il nostro fratello ha fatto contro di noi. “Va' prima a riconciliarti con il tuo fratello, poi torna a offrire il tuo dono”. Dobbiamo esercitare la carità così con forza verso coloro che sono spesso con noi. La dobbiamo esercitare particolarmente nell’amicizia. La dobbiamo esercitare verso coloro che soffrono e hanno bisogno del nostro aiuto. La dobbiamo esercitare verso coloro che in qualche maniera sono indifesi. Ecco, riempirci della carità di Cristo. E ritorna il versetto che abbiamo recitato prima: “Dice il Signore: formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo”.

CODICE 79C8Q01340N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 09/03/1979
OCCASIONE Omelia, Venerdì I Settimana Tempo Quaresima
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
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