Gn 37,3-4. 12-13. 17-28; Mt 21,33-43. 45
Scartare il Signore dalla propria vita è come prendere via la pietra d’angolo, cioè il fondamento di una costruzione. Tolto il fondamento tutto crolla. Quando un’anima allontana il Signore, non vi resta nulla di sano, nulla di valido, crolla tutto. E le rovine sono ben complete, sono tali che tutto è compromesso. Io vorrei che meditassimo stasera sul nostro peccato, sul peccato di tradimento. Perché non è il peccato di sorpresa, non è il peccato di debolezza. È il peccato posto scientemente che allora viene giustamente chiamato tradimento. Abbiamo ascoltato come i fratelli tradirono Giuseppe, come dei vignaiuoli tradirono il loro padrone e gli uccisero il figlio. Il nostro peccato assume delle proporzioni davvero tragiche quando freddamente, per la cupidigia di una passione, per un interesse, per un egoismo, noi commettiamo peccato grave e tradiamo il Signore. Dobbiamo pensare quello che dice la Scrittura: “La radice della sapienza è il timore di Dio”. Dobbiamo chiedere proprio questo timore, quel timore che ci fa vedere il peccato come il più grande di tutti i mali, perché è tradimento di amore. Racconta una leggenda che, quando fu sepolto Giuda, segnarono il suo sepolcro e dopo molto tempo vollero raccoglierne le ossa. Ma dice sempre la leggenda che, quando trovarono i resti del suo corpo, si era dissolto come tutti i cadaveri, erano restate intatte solo le labbra, quelle labbra che avevano baciato Gesù per tradirlo. Erano restate intatte. Mostruosamente tumefatte. Erano restate il simbolo, il simbolo della sua vita sciagurata, ed erano restate il monito per tutti gli uomini. Quelle labbra che aveva baciato Gesù, volevano dire il tradimento più odioso. Il bacio infatti è simbolo di affetto; era stato adoperato per l’odio. Noi dobbiamo approfondire il senso del peccato. Ogni anima che può dire di avere fatto un peccato così, deve fare grande penitenza. Deve fare la penitenza più viva e profonda, soprattutto se le sue labbra come quelle di Giuda si sono aperte nella comunione a un bacio di amore a Gesù, ma era solo un’apparenza. In realtà era un sacrilegio, era un tradimento. Non c’è nulla di peggio di ricevere Gesù in peccato mortale. Il sacrilegio è un orribile peccato. Noi dobbiamo avere molta paura di trattare il sacramento del suo Amore con leggerezza, peggio, di accostarci al sacramento dell’Amore con Satana nel cuore. Con Satana. Per questo non ci interrogheremo mai abbastanza prima di fare la comunione. Mai abbastanza. Mai. E non ci confesseremo così a distanza, sicuri del nostro fatto. Ci confesseremo spesso con umiltà. Ci confesseremo per poter essere meno indegni della comunione. Lo scopo della confessione è il convertirci, ma lo scopo della comunione è quello di rinsaldarci nella conversione e di darci un nutrimento vigoroso per andare avanti. Dobbiamo dunque rivedere la nostra coscienza e pregare il Signore perché purifichi l’anima nostra. Dobbiamo chiedergli che non permetta mai che arriviamo al peccato di tradimento, che non arriviamo mai a porlo così vicino ancora a Satana, facendo ancora seguito ai carnefici sul Calvario, crocifiggendolo nel nostro cuore. Ci impegneremo dunque con molta forza nel distacco del peccato, ci impegneremo con molta forza a prevenire ogni peccato, perché possiamo godere sempre della sua amicizia ed essere sicuri della sua misericordia.
CODICE | 77CAQ013 |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 11/03/1977 |
OCCASIONE | Omelia, Venerdì II Settimana Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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