Gv 6, 37-40
… Il Figlio di Dio si è fatto uomo per prendere tutta la nostra condizione umana. Ha preso quindi il dolore, ha preso l’angoscia, ha preso tutta la nostra sofferenza. Il Figlio di Dio ha preso anche la morte. Gesù ha voluto morire, per dare alla nostra morte un senso e una speranza. E noi, che qua all’altare preghiamo per il nostro fratello chiamato improvvisamente, sappiamo che facciamo un atto di fede, poniamo una certezza: la certezza che con la morte non è finito nulla, incomincia un’altra vita e che il Signore Gesù è la nostra speranza, la nostra vera speranza, la nostra grande speranza, il nostro grande conforto.
Guardiamo il Crocefisso, guardiamo Cristo, che a trentatre anni circa ha voluto morire perché potessimo così, in Lui, fissare tutto l’impeto della nostra fede. Da Lui riceviamo la forza e il conforto, riceviamo quanto ci è necessario per proseguire il nostro cammino, per dare alla nostra vita un senso grande cristiano, per dare alla nostra sofferenza quel vero conforto che dice: insieme soffriamo, insieme lottiamo, insieme siamo in Cristo, insieme avremo una vita migliore. Così, insieme; così, perché in ognuno che muore in un certo senso moriamo tutti noi. Ma in uno che muore c’è la speranza meravigliosa e la speranza è per tutti noi; è per lui, ma in lui vediamo la nostra speranza eterna, la nostra gioia di domani, quando le lacrime saranno asciugate e si verificherà quello che ha detto Gesù: “Io sono la resurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se morto, vivrà e colui che vive e crede in me non morirà in eterno” (Gv 11, 25-26).
CODICE | 81D9O01350F |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 10/04/1981 |
OCCASIONE | Omelia, Venerdì V settimana Tempo di Quaresima - Funerale |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | La nostra speranza in Cristo – La nostra fede nel Crocefisso |
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