At 18, 9-18; Gv 16, 20-23
“Nessuno vi potrà togliere la vostra gioia” (Gv 16, 23). Dunque, ad un certo momento, i cristiani sono nella gioia e sono tanto nella gioia, che non possono più perderla.
Noi dobbiamo capire bene questa cosa, la dobbiamo capire fino in fondo, perché è una cosa difficile il capirla. Noi siamo troppo assetati di gioie umane, di divertimenti umani, siamo troppo immersi nelle cose del mondo da perdere il contatto con lo Spirito, da perdere perciò la soavità di essere con Dio.
È su questa soavità che dobbiamo sottolineare l’idea, perché il Signore non vuole altro che la nostra vera felicità.
Gesù ha iniziato la sua predicazione con la parola: “Beati”, i Salmi cominciano con la parola: “Beato”. È proprio in questo senso tutto il programma di Dio, un programma che è meraviglioso, proprio perché ci vuole condurre, attraverso la tristezza e la miseria di questo mondo, col cuore che canta la gioia, col cuore pieno di gioia.
“Lo Spirito Santo vi farà capire tutto”. Come dobbiamo desiderare che ci faccia capire questa cosa, che la nostra vera gioia sta nel combattere, sta nel lottare, sta nel rifiutare, non sta nella pigrizia, non sta nel chiasso, non sta nella varietà delle cose, non sta nel rumore, non sta nell’accontentare le nostre passioni. C’è un distacco netto del nostro senso di divertimento da quello che è il senso di divertimento del mondo. Divertirsi per noi è, sì, rilassare lo spirito, però non è nell’accontentare quello che è disordinato, nell’accontentare quello che è egoista, nell’accontentare quello che è il senso della superbia, è un distacco netto che noi dobbiamo avere dal mondo. “Beato l’uomo che non va con i cattivi”, con il concilio dei cattivi, cioè non partecipa alle loro idee, non partecipa ai loro propositi, non partecipa ai loro progetti, perché il progetto di uno che appartiene a Dio è totalmente diverso.
Ecco perché san Paolo sottolinea i frutti dello Spirito. Noi vogliamo prepararci a Pentecoste e, stasera, la prima grazia che chiediamo è la grazia di essere singolarmente illuminati, guidati, sorretti perché, col pretesto del divertimento, non mettiamo in pericolo l’anima nostra, col pretesto del divertimento non ci sciupiamo nelle cose, col pretesto del divertimento non acquistiamo il sapore e il gusto del mondo. Noi dobbiamo chiedere di divertirci santamente, noi dobbiamo chiedere di esercitarci bene tra tutti i nostri doveri, tra i quali c’è il dovere anche della gioia, il dovere del rallentare la tensione del nostro spirito in qualche cosa di sereno e di bello.
Noi dobbiamo chiedere questa grazia, che in fondo è la grazia del senso della fede, il senso della fede che sa misurare le cose, il senso della fede che sa dare il gusto, il senso della fede che ci porta ad avere molto distacco dalle cose: “Beati i poveri” (Mt 5, 3), che ci porta ad avere la comunicazione di Dio: “Beati i puri” (Mt 5, 8).
Ecco, chiediamo questo, chiediamolo con fortezza, chiediamolo soprattutto per chi, nell’età giovanile, prova il tormento di non sapersi distaccare dalle cose della terra, di non sapere equilibrarsi tra le cose di Dio e le cose umane. È in fondo il dono della Scienza che chiediamo. Venga forte e grande, mirabile questo dono.
CODICE | 78E4N01365N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario, 05/05/1978 |
OCCASIONE | Omelia, Venerdì VI settimana Tempo Pasqua, Novena Pentecoste - I giorno |
DESTINATARIO | Parrocchia |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Dono della Scienza, gioia |
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