At 25, 13-21; Gv 21, 15-19
Siamo chiamati per la nostra vocazione ad amare e il primo dei precetti, il più grande dei comandamenti, sta nell’amore: “Amerai il Signore tuo Dio” (Mt 22, 37).
L’amore è la cosa più bella, è la cosa più grande, ma non è solo una gioia, è un dovere, appartiene al dovere della giustizia. C’è una virtù cardinale infusa in noi, che si chiama giustizia. È la virtù che porta l’anima nostra a dare a ciascuno il suo: a chi onore, onore; a chi benefattore, riconoscenza; a chi nostro Dio e nostro Amico, porta a dare il colmo dell’amore.
È nella giustizia che noi amiamo e non lo ameremo mai abbastanza e non saremo mai abbastanza giusti, perché come faremo a ricambiare al Signore tutto quello che egli ci ha dato? Che cosa faremo per dire il nostro grazie fino in fondo? Che cosa faremo per comprendere quanto Dio è infinitamente degno di essere amato, quanto la sua amabilità deve attrarre tutta la nostra vita? Egli amabile, degno di un amore forte e generoso, degno dell’amore di tutta la nostra vita, del sacrificio di tutta la nostra vita.
Ecco allora che la virtù della religione fa parte della virtù della giustizia e, nella virtù della giustizia, c’è il nostro accogliere il Signore, il nostro contraccambiare nell’amore.
Ed ecco il dono dello Spirito Santo, la Pietà che è, come si dice, un abito, cioè una facoltà abituale per mezzo della quale noi amiamo Dio, relazioniamo con Dio come i figli relazionano con il padre. Ed è qui un dono preziosissimo, va oltre la virtù della giustizia, ci insegna come dobbiamo veramente comportarci come figli beneamati da Dio. Egli infatti per noi ha mandato il suo Figlio Gesù e Gesù ci ha presi con sé e Gesù ci ha portati nel seno della Trinità con lui, figli nel Figlio.
Noi dobbiamo portare la gioia del nostro cuore nello stare con lui. La nostra preghiera: preghiera di figli, la nostra preghiera: preghiera di amore, la nostra preghiera: una preghiera di letizia. Chi possiede questo dono dello Spirito Santo gusta la preghiera, si effonde nella preghiera. Chi possiede questo dono dello Spirito Santo impiega quanto è possibile del suo tempo in una relazione piena d’amore con il Padre suo. Chi possiede questo dono progredisce meravigliosamente nell’intelligenza delle cose di Dio.
Quanto spesso invece, per la nostra particolare forma di egoismo, noi ci interessiamo solo di quello che piace a noi, non di quello che piace al Padre, come spesso ci interessiamo e apprezziamo quelle cose che ci portano una soddisfazione materiale. Se dobbiamo stare a pregare una mezz’ora, il tempo ci sembra lunghissimo; non ci sembra tale, se impieghiamo anche molte ore in una cosa, che in fondo è superficiale e leggera. Si sta a giocare per molte ore e si è tutti concentrati nel gioco; quando si è davanti a Dio si è distratti, svogliati, si guarda l’orologio con insistenza, non si sente quanto è soave il Signore.
Ecco, chiediamo questo dono allo Spirito Santo per essere veramente fervorosi, perché questo tempo di Pentecoste accresca in noi il gusto delle cose buone, il gusto della preghiera, il gusto di intrattenerci come figli con Dio, come fratelli con nostro Signore Gesù Cristo.
CODICE | 76F3N01366N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario, 04/06/1976 |
OCCASIONE | Omelia, Venerdì VII settimana Tempo Pasqua, Novena Pentecoste - VIII giorno - Primo Venerdì del mese |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Giustizia, Pietà |
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